Dito tranciato al Pineta, processo da rifare

Accolta l’istanza delle difesa per un difetto di procedura, testimoni e consulenti andranno risentiti

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Errore procedurale, accusa istruita da chi non avrebbe potuto farlo, un viceprocuratore onorario anziché un Pm togato. Risultato: tutto fa rifare, testimoni e consulenti da risentire daccapo. Tempi che inevitabilmente si allungano, spese che aumentano. Il giudice Tommaso Paone ha accolto l’eccezione della difesa, avvocato Massimo Martini, difensore di un 41enne ex amministratore delegato del Pineta di Milano Marittima, imputato di lesioni colpose in ragione di un singolare incidente accaduto nella nota discoteca la notte del 15 aprile 2017 quando, scendendo da un tavolino utilizzato come cubo, a una giovane di Predappio all’epoca 22enne il mignolo della mano destra rimase intrappolato in una griglia e finì per tranciarselo di netto. Una scena da film dell’orrore, col dito inizialmente andato perso, cercato dagli amici della giovane, trovato in terra e riposto in un cestello del ghiaccio e così presentato al brigadiere dei carabinieri.

Nel corso dell’udienza precedente l’accusa aveva già chiesto una condanna a 600 euro di multa per l’imputato, mentre la giovane, parte civile con l’avvocato Stefania Martelli, chiedeva 60mila euro di danni: quella notte il dito le fu riattaccato al Policlinico di Modena, ma ne ha perso la funzionalità. La Procura stessa ha ammesso la fondatezza dell’eccezione, accolta in quanto la vicenda era stata inquadrata come lesioni in un contesto di lavoro, reato che prevede la presenza in aula di un pubblico ministero e non del solo ’vpo’ come fin qui accaduto. A questo punto il giudice ha calendarizzato due nuove udienze, a gennaio 2023, col reato che si prescrive a ottobre 2024 quindi potrebbe arrivare già estinto in appello. Sul fatto in sé c’era stata, e ci sarà, battaglia. La giovane riferì di essere scesa dal cubo, c’era molta ressa e a causa di una spinta avrebbe infilato il mignolo nella grata e in quel momento se lo sarebbe strappato. Subito non aveva avvertito dolore, ma gli amici l’avevano vista sanguinare, realizzando cosa fosse accaduto e facendo scattare la caccia al mignolo, poi recuperato, per il timore che qualcuno lo pestasse.

Versione, questa, contestata dalla difesa: il mignolo era stato ritrovato dall’amico a un’altezza

di due metri e mezzo mentre la giovane è alta un metro e sessanta. Ciò dimostrerebbe che l’amputazione non va ricondotta alla pericolosità della griglia bensì al fatto che, scendendo da quello che era un tavolo e non un cubo, con il dito rimasto incastrato in quella fessura non tagliente, il peso corporeo della ragazza protesa verso il basso ne avrebbe determinato il distacco.

Lorenzo Priviato