L’ultima messa a Sant’Apollinare in Classe celebrata da don Mauro Marzocchi, alla quale ho assistito, ha coinciso come previsto con un abbraccio alla comunità parrocchiale. Una frase mi ha colpito del discorso di addio, nel sentir dire: "Avrei desiderato qui invecchiare, e morire". Il passaggio mi ha portato a ricordare un’antica gita a Roma, alle catacombe di San Callisto, quando un’anziana guida, pronunciando la parola "morte", si morse le labbra. Due casi diversi, certamente, nei quali la morte è stata citata. Quasi come "scandalo", nelle catacombe, e come il naturale avverarsi di una vita che finisce, a Sant’Apollinare; la morte che si vuole intendere vinta, e il morire quale attesa in un auspicato percorso di serenità. Per il resto, è stato bello notare come la liturgia sia rimasta centrale, anche in questa occasione. Simile a un vento senza provenienza né meta, a un cielo che sovrasta le diverse stagioni, oltre il caldo o il freddo. Un mistero che si vede attraverso i segni rituali, ma probabilmente ancora celato fino alla fine di tutto. Per i credenti questa fine coincide però con un annuncio: col "fare nuove tutte le cose" da parte del Signore. Forse anche col cemento di tanti addii, come questo.
Matteo F. Camerani