L’indagine ravennate era scattata nel maggio 2017 da un esposto di Mario Scalini, direttore del Polo museale regionale, dal 2015 subentrato alla Soprintendenza nel controllo dei siti culturali. Già nel 2016 un accertamento contabile dell’Ispettorato generale di Finanza aveva riscontrato un ammanco di 400mila euro. Secondo le indagini delle Fiamme gialle ravennati, il contratto di concessione dei servizi prevedeva che la società versasse un canone fisso annuo di 36mila euro, un aggio pari al 73,1% degli introiti della biglietteria oltre a royalties pari all’8,2% sul fatturato conseguito da servizi di bookshop come prenotazione, prevendita e noleggio di audio-guide. L’ammanco di 674mila euro era stato ricostruito dalla Guardia di Finanza attraverso due conti correnti di Novamusa. In un conto presso le Poste finivano i versamenti fatti con Pos: "Poiché tracciabili, sono fedeli", cifre comprese tra 25mila euro nel 2013 e 33mila nel 2017. L’anomalia le Fiamme gialle la scovarono nel conto Mps in cui Novamusa versava il contante: sebbene a detta dei dipendenti rappresentassero il 75% degli incassi, le cifre sono più basse, tra 2mila e 5mila euro fino al 2016, cifra che nel 2017 schizza a 231mila dopo gli accertamenti contabili avviati l’anno prima. Altre analisi sono stati fatte col riscontro dei Modelli 12, sorte di schede riassuntive che riportavano incasso e la quota da destinare all’erario. Qui le indagini hanno portato a contestare tra il gennaio 2013 e il novembre 2017 l’omesso versamento di canoni annui per 100mila euro e di entrate destinate all’Erario a titolo di aggio sui servizi di biglietteria e royalties sui servizi di bookshop per altri 462mila euro. A ciò si aggiunge la presunta distrazione di somme legate alla gestione dei servizi per oltre 112 mila euro. E il totale fa appunto 674 mila euro. Nell’estate 2017 il contenzioso tra Novamusa e il polo museale portò a ripercussioni sui dipendenti e sul bookshop. l. p.