FILIPPO DONATI
Cronaca

È fra i contrari, ma voterà: "Lo farò per difendere la riforma del Jobs Act"

Il fronte dei contrari in vista dell’imminente consultazione referendaria è soprattutto un fronte dell’astensione, ma c’è anche chi si recherà...

Il fronte dei contrari in vista dell’imminente consultazione referendaria è soprattutto un fronte dell’astensione, ma c’è anche chi si recherà alle urne e voterà ‘No’ ai quattro quesiti inerenti il lavoro. Roberto Fagnani, presidente ravennate di Italia Viva, partito che è diretta filiazione delle riforme renziane quali appunto il Jobs Act, è tra chi andrà alle urne. "Lo farò per dovere repubblicano – spiega il 51enne ex-assessore –, pur evidenziando che dinanzi a ua consultazione referendaria pure la scelta di astenersi è pienamente legittima. Ma io andrò alle urne, lo ritengo il modo migliore per difendere una riforma, il Jobs Act appunto, in cui ancora credo".

Eppure quella riforma non ha risolto il problema che sta strangolando l’Italia, e cioè gli stipendi bassi, dovrà ammetterlo... "L’obiettivo di quel provvedimento era ridurre la disoccupazione. Con una sua abolizione si tornerebbe allo scenario Monti-Fornero, il che penso sia esattamente il contrario di quel che ha bisogno l’Italia. Nessuno nega che le basse retribuzioni siano il grande male italiano, ma non vedo come cancellando il Jobs Act queste potrebbero aumentare. Servono semmai provvedimenti per consentire alle imprese di pagare di più i dipendenti: dieci anni dopo il Jobs Act occorre una nuova riforma, ma non il ritorno alla situazione precedente".

Considerando la recente affluenza nelle varie tornate elettorali, Elly Schlein si è assunta un rischio troppo elevato nel puntare così fortemente sul ‘sì’? "No, non direi. E’ stata coerente con la sua traiettoria politica, non dimentichiamo che nel Pd si aprì una frattura a causa anche del Jobs Act, e Schlein allora fu tra coloro che se ne andarono. Inoltre non vedo parallelismi con quanto accaduto a Renzi nel 2016. Allora la riforma costituzionale era la colonna portante dell’azione di governo, la sua bocciatura alle urne portò delle conseguenze inevitabili. Schlein è all’opposizione, dunque non corre questo rischio".

E se i referendum fossero invece la piattaforma di lancio di Maurizio Landini? Corre voce stia preparando la sua opa sul Pd: in quel caso il campo largo esisterebbe ancora? "Gli iscritti di quel partito faranno le loro scelte, sulle quali non sta a me pronunciarmi. Dico però che un segretario spostato più o meno a sinistra non necessariamente creerebbe frizioni nell’alleanza che si sta costruendo a livello nazionale. Enrico Letta era un centrista, eppure fu lui a mandare all’aria la coalizione nel 2022 e a consegnare il paese alla destra. Elly Schlein è più di sinistra di lui, ma nonostante questo ha saggiamente capito che se vogliamo tornare maggioranza nel paese dobbiamo creare un’alleanza il più larga possibile, che guardi a un ampio ventaglio di sensibilità. Replicare a livello nazionale quello che stiamo facendo a Ravenna, con risultati elettorali che sono sotto gli occhi di tutti".

L’8 giugno, come gran parte del campo largo, voterà ‘sì’ al quinto quesito, quello sulla riforma della cittadinanza, non è così? "Certamente. E’ tempo che l’Italia si confronti laicamente, senza paure, sul tema dell’immigrazione".

f.d.