È il Movimento 5 Stelle la terza forza

Dietro ‘Azione’ di Calenda con l’8.72%, Lega (7.33%) e Forza Italia (5.35%). La lista formata dai Verdi e la Sinistra è arrivata al 3.74%

Alle spalle del Pd e di Fratelli d’Italia ha avuto luogo quello che potrebbe essere definito uno sprint ristretto di forze politiche tutte comprese fra il 5 e il 10%, in cui a spuntarla alla fine è stato, il Movimento 5 Stelle, che con il 9,45% ha ottenuto un risultato sopra le aspettative, anche se rispetto al 2018 ha perso molti voti. Si è fermata qualche tacca più sotto la corsa della Lega e di Forza Italia – rispettivamente al 7,33% e al 5,35% – ma anche quella di Azione di Carlo Calenda, che non è andata oltre l’8,72% dei voti.

Viaggia intorno a quelle proporzioni anche la somma dei voti delle liste alleate del Pd: quella composta dai Verdi e dalla Sinistra è arrivata al 3,74%, mentre +Europa si è issata fino al 3,30% (sopra la media nazionale che l’ha vista esclusa dalla ripartizione dei seggi proporzionali). Più staccato Impegno civico di Luigi Di Maio, incollato allo 0,35%. Appena qualche centinaio di voti in più per la quarta forza della coalizione di centrodestra: Noi moderati è arrivata allo 0,58%. Fra le liste rimaste sotto la soglia del 3% va registrato il piccolo exploit di Italexit: la formazione guidata da Gianluigi Paragone è arrivata in provincia di Ravenna al 2,33%, un valore ben al di sopra della media nazionale. È andata peggio a Unione Popolare di Luigi De Magistris, ferma all’1,2%, scavalcata da due realtà della ‘galassia no-green pass’ quali Italia Sovrana e Popolare e la lista Vita, rispettivamente all’1,45 e all’1,25%.

Ultime tre classificate la lista formata da Partito Animalista e 10 Volte Meglio, allo 0,72%, e infine quelle a trazione meridionalista di Sud chiama Nord e di Noi di centro, allo 0,17% e allo 0,08%. Percentuali che per tutte le le liste sono in linea, salvo scostamenti minimi, con quelle del Senato, effetto dell’abbassamento dell’età minima per eleggere i componenti di Palazzo Madama, scesa a 18 anni, che ha reso identiche le due platee di elettori. Scendendo dal livello provinciale a quello comunale la provincia non è omogenea: il dato che più balza agli occhi è come la coalizione di centrosinistra si sia affermata solo a Ravenna, Faenza, Bagnacavallo, Alfonsine, Conselice, Fusignano e Massa Lombarda: anche per questo le percentuali della Lega sono più alte nei piccoli comuni – con un picco del 9,66% a Brisighella – mentre sono spesso specularmente più basse quelle ottenute dai Verdi e da +Europa.

Nei centri urbani maggiori c’è gloria anche per le liste non coalizzate, che meno possibilità avevano di eleggere deputati all’uninominale: il Movimento 5 Stelle a Ravenna registra ad esempio il 10,57% (leggermente inferiore al picco dell’11,16% ottenuto a Massa Lombarda, al Senato), mentre Azione fa il boom a Faenza, con il 10,63%: effetto anche dell’ampio consenso che in città ebbero Matteo Renzi e Carlo Calenda già in passato.

Filippo Donati