"Ecco la mia camera delle meraviglie"

Il collezionista Francesco Palli ha dato vita a una mostra nel cortile di palazzo. Zanelli. "I reperti testimoniano il fascino che subì l’Europa per gli ‘altri mondi’"

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Il cranio di un bufalo e la testa di un bisonte americano, ma anche i volti di un gorilla e di un leopardo in ceramica, le statuette di due cani di Fo della tradizione imperiale cinese, e ancora vasi farmaceutici, antiche stampe, testi di botanica, e alcune delle opere dell’artista Alessandro Turoni, fra cui il noto ‘pianeta-armadillo’. Sono alcune delle opere esposte nel Wundergarden cui il collezionista Francesco Palli ha dato vita in uno spazio affacciato sul cortile di palazzo Zanelli, in corso Mazzini, ricreando una delle wunderkammer (la camera delle meraviglie) comuni nell’Ottocento europeo. Furono le antesignane dei musei di storia naturale: "oggi molti di quei musei hanno optato per un approccio rivolto alla tecnologia, giudicandolo più esperienziale", spiega Francesco Palli. "In realtà è proprio la wunderkammer, con il suo apparire polveroso, affastellato, caotico, ad essere più sensoriale, stimolando non solo la vista, ma anche l’olfatto, il tatto, l’orientamento, la percezione di sé". La quasi totalità dei reperti esotici presenti qui, come del resto in gran parte delle wunderkammer, ha avuto origine nell’Ottocento o nella prima metà del Novecento: il bisonte americano che fissa i visitatori dall’alto popolava le grandi pianure ben prima che Denver diventasse una metropoli di livello mondiale. Lo stesso vale per il cranio di bufalo cafro, per l’uovo di emù o per la testa di gnu dalla coda bianca sudafricano, caratteristico per le corna rivolte all’indietro, che lo distinguono dal più comune gnu striato. "Tutti i reperti di questa e di altre collezioni devono avere la garanzia di non provenire da attività di bracconaggio. Io personalmente non sono neppure mai andato a caccia in vita mia". Il senso di questi reperti è un altro, e coincide "con il loro passato, con la storia che ci raccontano attraverso i passaggi da un collezionista all’altro lungo un secolo". I collezionisti come Palli in Italia sono pochi, "più o meno una decina". L’Italia è stato un paese solo tardivamente colonialista, inoltre "qui i memorabilia hanno sempre attratto più dei naturalia". A differenza di quanto accade per dipinti o altre opere d’arte, spesso le wunderkammer non compiono passaggi generazionali: chi eredita collezioni di quel tipo tende a cederle ad altri collezionisti.

Reperti come questi testimoniano molto del fascino che subì l’Europa per gli ‘altri mondi’ che venivano svelati a poco a poco: le corna di orice o la testa di ippotrago che dominano le sala di Palli a molti sembrarono una spiegazione al mito dell’unicorno. "In realtà quel mito nacque probabilmente da chi si imbatté in un dente di narvalo". Alcune antiche stampe contengono riproduzioni perfette di denti di narvalo o di altri cetacei, accostante invece a raffigurazioni più approssimative dell’aspetto di capodogli e balene.

"Questo perché chi disegnò aveva avuto modo di osservare il cranio di un narvalo o il fanone di una balena, ma non i loro corpi, dei quali poteva solo desumere la fisionomia".

E’ anche attraverso la meraviglia suscitata da questi animali che le zone interne dell’Africa, dell’Asia, delle Americhe o dell’Australia hanno cessato di essere punti bianchi della carta geografica; è nello stesso periodo che ci fu chi capì che quei luoghi potevano essere altro rispetto a semplici ‘nuove Europe’: nell’entroterra di città come Philadelphia, Melbourne e Cape Town c’era insomma chi già immaginava dei grandi spazi in cui bisonti, gnu ed emù potessero continuare a vivere nel loro mondo.

Filippo Donati