
L’ordine del sindaco di non fare ritorno negli edifici inondati dall’alluvione è stato ampiamente disatteso: è sufficiente ascoltare i racconti dei residenti della porzione di città compresa fra corso Garibaldi e corso Saffi per rendersene conto. Si tratta della prima volta in due settimane in cui la macchina della risposta al cataclisma non trova attenzione fra i cittadini. Tanto che dai piani alti dell’amministrazione, durante un colloquio con i dirigenti, non si sono usati mezzi termini: "Dobbiamo tutti capire che, così come non si torna negli edifici di una città vittima di un terremoto, allo stesso modo non bisogna tornare negli edifici in cui i piani bassi o anche solo le cantine sono state allagate". Le ragioni di quella che a molti, nelle ore pomeridiane di giovedì, quando l’ordine è stato emanato, è sembrata una precauzione a tratti eccessiva, sono diventate più comprensibili non appena si sono resi evidenti i primi danni agli edifici: nel piano interrato di un palazzo di via Sarti la parte superiore dello scantinato è stata letteralmente divorata dall’acqua, facendo crollare parte di una volta e varie porzioni del soffitto; al suolo si sono depositati massi di mattoni dal peso superiore al quintale. Enormi i timori per i i residenti del palazzo, sconvolti dal fatto che un danno di quel tipo sia potuto avvenire lì: in via Sarti infatti la piena arrivata dal Lamone aveva una forza assolutamente non paragonabile a quella che ha investito le parallele via Croce e via Fadina. "Le acque immaginiamo siano arrivate da là, di cantina in cantina", spiegano alcuni residenti di quello che è a tutti gli effetti un quartiere poggiato su migliaia di tonnellate d’acqua: una situazione a dir poco spaventosa.
Nella giornata di ieri corso Saffi e corso Garibaldi sono stati sgombrati da buona parte dei materiali che vi erano stati accatastati: la circolazione dei veicoli è in parte ripresa, benché resa comunque molto difficile dalla chiusura al traffico del ponte delle Grazie e di quello di viale delle Ceramiche, che ieri è stato riaperto. Quest’ultimo ponte era stato aperto anche giovedì per una manciata di ore a senso unico verso Forlì: in quel segmento orario l’unico modo per valicare il Lamone in direzione Imola era il ponte di Ronco, nella zona di Reda dove si sono registrati incolonnamenti. Ieri nel frattempo sono stati riaperti anche il Ponte Rosso e la circonvallazione, con tutti gli svincoli. Sull’autostrada A14 sono al lavoro cento uomini e cinquanta mezzi per ripristinare la viabilità. Ma la viabilità resta difficile in tante parti del territorio: nei pressi di Reda, ad esempio, l’acqua si è portata via un pezzo della provinciale via Reda, mentre gli allagamenti nella zona di Prada hanno divelto quasi completamente un ponticello sul canale Magni, in via Prada.
Filippo Donati