Il cuoco faentino mentre attende la lettura della sentenza (Foto Zani)

"Abbiamo sventato un femminicidio". Il Pm Cristina D’Aniello lo disse subito, all’indomani dell’arresto del 48enne cuoco faentino Remigio Scarzani, che ieri il tribunale collegiale – presidente Cecilia Calandra, giudici a latere Natalia Finzi e Cristiano Coiro – ha condannato a 16 anni (uno in più di quanto chiedeva la pubblica accusa) per tentato omicidio, maltrattamenti e violenza sessuale ai danni dell’ex moglie. La politica oggi si interroga sull’abuso di intercettazioni. Quelle ambientali, chirurgiche, disposte subito dopo le confidenze ai carabinieri di Brisighella della ex moglie, che aveva iniziato ad avvertire uno strano malessere e fu messa subito sotto protezione, misero l’imputato spalle al muro. Quei filmati gli hanno impedito di negare le continue somministrazioni di farmaci nel caffè della ex moglie: a proprio dire per "tranquillizzarla", secondo il Pm D’Aniello "preparando il delitto perfetto", uccidendola lentamente, "come una goccia che scava la roccia".  L’imputato, spinto per la Procura da motivi di "sordo rancore" verso la ex moglie, la quale aveva chiesto la separazione dopo avere scoperto che l’uomo si era fatto una seconda famiglia con un’altra donna, nel settembre del 2021 aveva cercato di avvelenarla offrendole ogni giorno, per qualche settimana, una tazzina di caffè corretto con un farmaco anticoagulante che la donna già assumeva sotto prescrizione medica, l’Eliquis, non di libera vendita, potenzialmente in grado di provocarle emorragie cerebrali se in sovradosaggio. Dopo avere frammentato le compresse – da 2,5 mg, poi da 5 mg –, mescolava la sostanza allo zucchero, quindi copriva la tazzina con la cialda. Ma aveva iniziato pure a usare un vasodilatatore, il Carvasin, col contestato obiettivo di rendere tali eventuali emorragie inarrestabili e di cui nella successiva autopsia non sarebbe rimasta traccia. A Scarzani erano contestati anche i maltrattamenti, con aggressioni fisiche, psicologiche e minacce, nonché le violenze sessuali, negate dalla difesa che le ritiene in numero (60) spropositato. Ai carabinieri la vittima non aveva detto tutto subito, si era aperta col tempo e, sentita in tribunale in un contesto protetto, ha aggiunto ulteriori elementi. Il tribunale ha riconosciuto anche una provvisionale di 15mila alla figlia minorenne, "doppiamente vittima" secondo il suo avvocato, Carlo Piccoli, e di 50mila euro alla ex moglie, parte civile con la tutela dell’avvocato Laerte Cenni: "Dopo un iniziale separazione consensuale – ha detto il legale in arringa –, nel 2018 l’atteggiamento dell’uomo muta, diventa aggressivo e possessivo, inizia a ricattare l’ex moglie dal punto di vista economico. Gli abusi sessuali hanno cadenza settimanale. Lo donna vorrebbe rifarsi una vita, anche sentimentale, ma Scarzani la controlla in tutti i suoi momenti, arrivando anche a coinvolgere la figlia. Intanto lui la costringe ad avere atteggiamenti amorevoli, a fare vacanze insieme".  Lo spartiacque è a marzo 2019 quando l’ex moglie, che aveva già saputo della doppia vita dell’ex marito, scrive all’amante di lui dicendole che lo stesso continua a tenere i piedi in due scarpe ed avere rapporti sessuali anche con lei. "Solo questo è l’intento vendicativo: non vuole ricostruire alcunché con Scarzani, ma fargli provare cosa significa rimanere soli e soffrire". Da qui, per l’accusa, il piano omicidiario dell’imputato. Per il quale nei giorni scorsi la Cassazione ha, inoltre, ritenuto inammissibile il ricorso contro la carcerazione che, qualora accolto, ne avrebbe determinato la liberazione anche in caso di condanna in primo grado. Lorenzo Priviato

Cronaca

"Abbiamo sventato un femminicidio". Il Pm Cristina D’Aniello lo disse subito, all’indomani dell’arresto del 48enne cuoco faentino Remigio Scarzani, che ieri il tribunale collegiale – presidente Cecilia Calandra, giudici a latere Natalia Finzi e Cristiano Coiro – ha condannato a 16 anni (uno in più di quanto chiedeva la pubblica accusa) per tentato omicidio, maltrattamenti e violenza sessuale ai danni dell’ex moglie. La politica oggi si interroga sull’abuso di intercettazioni. Quelle ambientali, chirurgiche, disposte subito dopo le confidenze ai carabinieri di Brisighella della ex moglie, che aveva iniziato ad avvertire uno strano malessere e fu messa subito sotto protezione, misero l’imputato spalle al muro. Quei filmati gli hanno impedito di negare le continue somministrazioni di farmaci nel caffè della ex moglie: a proprio dire per "tranquillizzarla", secondo il Pm D’Aniello "preparando il delitto perfetto", uccidendola lentamente, "come una goccia che scava la roccia". 
L’imputato, spinto per la Procura da motivi di "sordo rancore" verso la ex moglie, la quale aveva chiesto la separazione dopo avere scoperto che l’uomo si era fatto una seconda famiglia con un’altra donna, nel settembre del 2021 aveva cercato di avvelenarla offrendole ogni giorno, per qualche settimana, una tazzina di caffè corretto con un farmaco anticoagulante che la donna già assumeva sotto prescrizione medica, l’Eliquis, non di libera vendita, potenzialmente in grado di provocarle emorragie cerebrali se in sovradosaggio. Dopo avere frammentato le compresse – da 2,5 mg, poi da 5 mg –, mescolava la sostanza allo zucchero, quindi copriva la tazzina con la cialda. Ma aveva iniziato pure a usare un vasodilatatore, il Carvasin, col contestato obiettivo di rendere tali eventuali emorragie inarrestabili e di cui nella successiva autopsia non sarebbe rimasta traccia. A Scarzani erano contestati anche i maltrattamenti, con aggressioni fisiche, psicologiche e minacce, nonché le violenze sessuali, negate dalla difesa che le ritiene in numero (60) spropositato. Ai carabinieri la vittima non aveva detto tutto subito, si era aperta col tempo e, sentita in tribunale in un contesto protetto, ha aggiunto ulteriori elementi.
Il tribunale ha riconosciuto anche una provvisionale di 15mila alla figlia minorenne, "doppiamente vittima" secondo il suo avvocato, Carlo Piccoli, e di 50mila euro alla ex moglie, parte civile con la tutela dell’avvocato Laerte Cenni: "Dopo un iniziale separazione consensuale – ha detto il legale in arringa –, nel 2018 l’atteggiamento dell’uomo muta, diventa aggressivo e possessivo, inizia a ricattare l’ex moglie dal punto di vista economico. Gli abusi sessuali hanno cadenza settimanale. Lo donna vorrebbe rifarsi una vita, anche sentimentale, ma Scarzani la controlla in tutti i suoi momenti, arrivando anche a coinvolgere la figlia. Intanto lui la costringe ad avere atteggiamenti amorevoli, a fare vacanze insieme". 
Lo spartiacque è a marzo 2019 quando l’ex moglie, che aveva già saputo della doppia vita dell’ex marito, scrive all’amante di lui dicendole che lo stesso continua a tenere i piedi in due scarpe ed avere rapporti sessuali anche con lei. "Solo questo è l’intento vendicativo: non vuole ricostruire alcunché con Scarzani, ma fargli provare cosa significa rimanere soli e soffrire". Da qui, per l’accusa, il piano omicidiario dell’imputato. Per il quale nei giorni scorsi la Cassazione ha, inoltre, ritenuto inammissibile il ricorso contro la carcerazione che, qualora accolto, ne avrebbe determinato la liberazione anche in caso di condanna in primo grado.
Lorenzo Priviato

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