"Farmaci nel caffè della moglie per ucciderla", no a una nuova perizia

Il tribunale ha respinto la richiesta della difesa del cuoco faentino di nuovi accertamenti. La sorella dell’imputato: "Lei si vendicò"

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No a un supplemento di perizia sui farmaci nel caffè con i quali il 49enne cuoco faentino Remigio Scarzani avrebbe tentato di avvelenare l’ex moglie e che ora si trova a processo per tentato omicidio. Lo ha stabilito ieri il tribunale collegiale di Ravenna – presidente Cecilia Calandra, a latere giudici Cristiano Coiro e Natalia Finzi –, respingendo la richiesta avanzata dal legale dell’imputato (avvocato Marco Valeri) secondo cui quantità e posologie dei medicinali non sarebbero stati accertati con precisione. Al contrario, il Pm Cristina D’Aniello ritiene che la letteratura scientifica abbia già stabilito che somministrazioni di Eliquis, un anticoagulante, unitamente al Carvasin, un salvavita per insufficienze coronariche, nelle quantità riscontrate potesse produrre emorragie letali. I legali del cuoco avrebbero voluto, inoltre, produrre, audio e messaggi dai quali si avrebbe riscontro della volontà vendicativa dell’ex moglie dell’imputato – la quale, nell’ipotesi difensiva avrebbe inventato, anche le violenze sessuali e i procurati aborti contestati all’uomo – dopo che la stessa aveva scoperto la doppia vita dell’ex marito, che nel 2017 l’aveva lasciata per un’altra, salvo poi riavvicinarsi a lei nel periodo del Covid e del lockdown. Sentita come testimone, anche la sorella dell’imputato ieri ha ricordato i proponimenti vendicativi della ex moglie, sebbene mai esplicitati nel dettaglio, dopo che aveva scoperto il tradimento. "Una volta mi disse che la vendetta andava gustata fredda, un giorno venne a casa dei miei genitori portando via oggetti che riteneva le appartenessero". L’avvocato di parte civile, Laerte Cenni, ha fatto emergere che, sentita dai carabinieri nell’ottobre 2021, in merito a quell’incontro con la cognata, la sorella non ne riferì gli intenti vendicativi, anzi disse che "non era sicura di lasciarlo per il bene della figlia". La sorella ha descritto l’imputato come "in parte impulsivo", ma a suo giudizio "non particolarmente aggressivo", dicendo che con lui aveva un rapporto tra alti e bassi, limitando le confidenze solo a questioni che attenevano alla famiglia di origine. Il Pm D’Aniello, ritenendo superflua e non pertinente la produzione di messaggi, ha sottolineato come l’ex moglie abbia ammesso di avere consumato la sua vendetta, informando la nuova compagna dell’ex marito della sua doppia vita. Questo, nell’ipotesi accusatoria, e il fatto che l’ex moglie avesse poi venduto casa e auto, smentendo il fatto che fossero tornati a vivere insieme, avrebbe innescato il proposito omicidiario di Scarzani.