Felice Orlando ucciso a Castel Bolognese: lo ha freddato un altro cacciatore

Prima alla schiena, poi alla testa. Il killer ha usato una propria arma. L’ipotesi di screzi tra doppiette

Castel Bolognese (Ravenna), 3 novembre 2022 - Prima gli ha sparato alla schiena, sorprendendolo alle spalle, da una distanza di tre, quattro metri. Poi, quando Felice Orlando è stramazzato sull’erba, l’assassino gli si è avvicinato e ha fatto fuoco un’altra volta con la seconda munizione che aveva nella canna nel fucile. Un colpo letale, che gli ha perforato la nuca, uscendo da una guancia. Il 49enne è morto subito, non ha sofferto. Infine, per non lasciare tracce, il suo giustiziere ha portato via il fucile della vittima e le cartucce. Orario stimato della morte, tra le 18.30 e le 19 di sabato scorso.

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La borra estratta durante l’autopsia nel corpo della vittima – cioè l’involucro che contiene i pallini prima che la rosa si apra – porta a ritenere che l’omicida non abbia usato il fucile della vittima, che aveva con sé un calibro 12, ma la propria arma, probabilmente di calibro diverso ma che ancora non si conosce: potrebbe avere sparato con un fucile semiautomatico, che espelle la cartuccia, con una doppietta o uno a canne sovrapposte. In ogni caso la rosa dei pallini a quella breve distanza non si era ancora aperta, ma è penetrata come un’unica palla di piombo. La perizia balistica, già disposta dal Pm Silvia Ziniti, servirà ad acquisire ulteriori elementi al riguardo e a chiarire il tipo di calibro, anche se gli investigatori di fatto già lo conoscono. Intanto però questi elementi, emersi dall’analisi medico legale del cadavere, fa tornare in primo piano la pista di un delitto maturato nell’ambiente della caccia, nonostante dal mondo venatorio faentino ci fossero dissensi al riguardo. Al momento ciò che manca è ancora un movente.

I carabinieri del Nucleo investigativo continuano a sentire conoscenti e cacciatori, nel tentativo di individuare qualcuno che avesse avuto screzi col 49enne trovato morto dai familiari domenica mattina alle 10.30 in un fossato tra i frutteti di Castel Bolognese, a poche centinaia di metri dalla sua abitazione di via Barignano. La pista di un vicino adirato dalla presenza di cacciatori nei suoi poderi non è del tutto tramontata. Ma intanto va in archivio un’altra tra le iniziali possibili ricostruzioni, quello di un delitto avvenuto in un contesto di conoscenza amicale tra vittima e assassino, dove la prima per motivi sconosciuti avrebbe potuto consegnare al secondo il proprio fucile poi, dopo avergli dato le spalle, ignaro di un pericolo che non aveva percepito, sarebbe stato ucciso.

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Dall’autopsia non sono emersi altri segni di colluttazione, quindi anche l’ipotesi che possa essere stato disarmato con la forza non sembra reggere. Ciò porta gli ambienti investigativi a puntare con decisione alla pista del regolamento di conti tra doppiette, forse un delitto d’impeto, l’epilogo tragico di un diverbio scoppiato anche per questioni futili come una contesa sulla selvaggina – Orlando era uscito nel pomeriggio di sabato per una battuta di caccia alla lepre – o per gli ambiti di pertinenza. Attività legate al mondo venatorio e più o meno lecite. Episodi di questo tipo, è emerso, anche in quella zona non sono rari.

Resta un ulteriore interrogativo: perché il killer ha portato via un’arma con la quale non aveva sparato? Forse perché l’aveva toccata, oppure perché per fare un lavoro ’pulito’ ha pensato di sbarazzarsi di tutto ciò che poteva ricondurlo a lui. Va anche detto che a casa della vittima, dal suo armadietto blindato, mancano non uno, ma due fucili. Anche se è difficile pensare che un cacciatore vada a duecento metri da casa a sparare a lepri e fagiani con due armi. Infine, l’assassino non ha portato via il cellulare delle vittima, che aveva ancora con sé, in quanto evidentemente tra i due non vi era stati messaggi o chiamate.