Fondi Covid per il bar a Castello versati a marito e figlia: a processo

L’imprenditrice 44enne è finita nei guai per malversazione di erogazioni pubbliche per 8mila euro

Fondi Covid per il bar a Castello  versati a marito e figlia: a processo

Fondi Covid per il bar a Castello versati a marito e figlia: a processo

Come tante altre imprese, in ginocchio a causa delle chiusure imposte dalla pandemia di Covid-19, anche per il suo bar di Castel Bolognese nel maggio 2020 aveva chiesto e ottenuto un finanziamento di 8mila euro per “liquidità pagamento fornitori”. Quei soldi però, qualche giorno dopo, li ha versati in un conto corrente intestato alla figlia e in un altro intestato al marito. Per questo un’imprenditrice 44enne di Castel Bolognese, difesa dall’avvocato di fiducia Paola Bravi, è finita a processo per malversazione di erogazioni pubbliche dopo essersi opposta al decreto penale di condanna a una multa di 4.500 euro. E venerdì scorso in tribunale a Ravenna, davanti al giudice Tommaso Paone e al viceprocuratore onorario Marianna Piccoli, il maresciallo della Compagnia della Guardia di Finanza di Faenza ha parlato delle indagini e delle modalità di accertamento del reato e di individuazione della 44enne.

Quegli 8mila euro l’imprenditrice di Castel Bolognese li aveva ottenuti il 21 maggio 2020 come finanziamento, della Comunità Europea. Finanziamento che era garantito dal Fondo Centrale di Garanzia Pmi per il 100% della somma mutuata, come previsto dal cosiddetto ‘Decreto liquidità’, varato dal Governo Conte per dare ossigeno alle imprese in crisi per le chiusure durante la pandemia di Covid-19. Il finanziamento era garantito per lo svolgimento di attività di pubblico interesse e, in particolare, per “liquidità pagamento fornitori”. In realtà però la 44enne qualche giorno dopo, il 25 maggio 2020, aveva versato 3mila euro sul conto della figlia e 5mila su quello del marito. Ai finanzieri che l’avevano convocata in caserma a Faenza nel marzo 2021, in seguito ad alcuni accertamenti, l’imprenditrice aveva spiegato che il primo bonifico era stato effettuato come restituzione di una somma precedentemente prelevata, mentre il secondo era stato effettuato sul conto intestato al coniuge ma che viene utilizzato a livello familiare per far fronte a ogni tipologia di spesa. Nessuno di questi due versamenti, però, rispondeva alla destinazione indicata nel ‘Decreto liquidità’ ovvero “pagamento fornitori”. La donna, come aveva raccontato ai finanzieri, non era però a conoscenza dell’esistenza del vincolo di destinazione, altrimenti non avrebbe richiesto alcun finanziamento garantito. La 44enne tra l’altro, come previsto dal ‘Decreto liquidità’, sta restituendo la cifra ricevuta come finanziamento nel 2020.

Insomma, secondo la tesi della difesa, non sarebbe presente alcun dolo specifico, come previsto dal reato di malversazione di erogazioni pubbliche. A questo proposito non sono da escludersi, oltre a un errore da parte dell’imprenditrice, l’assenza di una formazione specifica in merito al finanziamento e un’omessa informazione al momento della sottoscrizione dei vari moduli per ottenerlo. Ora la parola, durante la prossima udienza fissata per l’inizio di luglio, passerà all’imprenditrice.

Milena Montefiori