"Francesca da Rimini? No, da Ravenna"

Celebre nel V canto dell’Inferno per il matrimonio con un Malatesta, era figlia di Guido Da Polenta. Il libro di Osiride Guerrini

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Rivela tutto l’amore per la sua città e il territorio di appartenenza, Osiride Guerrini, nella sua ultima opera significativamente intitolata ‘Francesca da Ravenna’ (Sbc Edizioni). Un lavoro che vuole sottolineare "la provenienza ravennate di Francesca da Polenta e sostituire quel da Rimini che la allontana dalla sua identità e privilegia il luogo di morte". L’opera della docente di Lettere e studiosa di storia e cultura locale, nasce durante lo scorso lockdown ed è frutto di attente ricerche che partono proprio dal celebre canto V dell’Inferno di Dante in cui è narrata la tragica vicenda amorosa di Paolo e Francesca. L’autrice ha alle spalle diverse pubblicazioni, fra cui ‘Il Lamone, un fiume tra storia e genti’ e ‘Ravenna, un paesaggio che attraversa la storia’, scritte con Pietro Barberini, ‘Un villaggio tra città e campagna. Storia del quartiere Nullo Baldini a Ravenna’, realizzata in collaborazione con Laura Montanari.

Osiride Guerrini, è corretto dire che sia stato lo stesso Dante a ‘rivendicare’ le origini ravennati di Francesca?

"Sì. E lo fa attribuendole queste parole: “…Siede la terra dove nata fui su la marina dove ‘l Po discende, per aver pace co’ seguaci suoi…“. Chiaro è il riferimento a un contesto naturale e pacifico come Ravenna, al quale era ancora legata, come era ancora legata alla vita e a Paolo nell’eternità".

In realtà di Rimini non parla neanche il Boccaccio…

"E neppure i primi commentatori… La sovrapposizione di luogo è nata nel tempo. D’altra parte, come tutti sanno, lei era figlia di Guido Da Polenta, signore di Ravenna. Sposando giovanissima Gianciotto Malatesta, si guadagnò l’appellativo da Rimini col quale passò alla storia".

Come è riuscita a immaginarsi alcuni dettagli della vita di quei tempi?

"Utilizzando le fonti del tempo, ho ‘disegnato’ la Ravenna medievale dove la giovane Francesca immaginava il suo futuro. Sono partita anche dai costumi e dalla mota dell’epoca, raffigurando le nobildonne con sontuosi abiti ispirati ai mosaici delle chiese che erano solite frequentare".

Tanti autori hanno dedicato a Francesca le loro opere sia come musa ispiratrice sia come donna passionale. Perché?

"La sua trasposizione dialettale del canto V è una specie di parodia che ha reso ancora più familiare Francesca: grazie a modi di dire che sono propri del nostro dialetto, diventa una di noi. Una giovane donna che, sfortunatamente e suo malgrado, è diventata famosa per Dante e per quell’efferato duplice omicidio".

Dante non nomina mai Gianciotto, autore dell’efferato delitto ai danni della moglie e del cognato. Come mai? "Forse per non parlare di Rimini…".

Nella parte finale del libro, fa riferimento ai ‘processi’ che si svolsero a Ravenna nel 1992 e a Rimini nel 2010, secondo le forme canoniche con giurati, accusatori, difensori e testimoni, tutti luminari della giustizia o esperti di storia, filosofia e letteratura… "Si è trattato di rivisitazioni in chiave moderna del delitto d’onore, in cui gli esperti hanno cercato di fare comprendere la mentalità medievale sull’onore perduto. Purtroppo, ne viene fuori un quadro di sconvolgente attualità: quello che consideriamo un periodo così buio, in realtà non è del tutto passato, visti i numerosi femminicidi a cui ancora assistiamo".

Roberta Bezzi