Fuggite dall’ucraina, ora una vita da ricostruire in Romagna

Due storie, quelle di Katarina Ushakova e Olga Kmarchenko: "Il primo obiettivo è imparare l’italiano"

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C’è una parte della comunità ucraina rifugiata che ha già scelto quale direzione prendere in futuro, decidendo che era questa la meta finale del viaggio partito alcune settimane fa mille chilometri più a est. Katarina Ushakova e Olga Kmarchenko, sedute all’ombra degli alberi che sorgono davanti al Museo delle Ceramiche, hanno già afferrato i connotati di Faenza. A differenza della maggior parte degli ucraini arrivati da poco in Italia, Olga e Katarina immaginano ormai la loro vita lontana dalle città da cui provengono, da Yalta e da Mykolaïv. Ad averle aiutate ad arrivare qui, e ad assisterle in molte delle incombenze quotidiane, è Viktoria Kryvoshei, giunta in Italia anni fa, da Donec’k, ai tempi della prima fase della guerra. Tutte loro fanno parte della comunità di lingua russa, come del resto il presidente Zelenskyy. Una divisione oggi capace di dividere intere famiglie: "Conosco sorelle che sono arrivate a non parlarsi più, l’una sentendosi un’ucraina di lingua russa e l’altra una russa circondata da un’Ucraina ostile". Mentre parla, le dita di Viktoria si muovono sullo schermo del cellulare. Altri ucraini che chiedono consigli. Al momento ad esempio è alla ricerca di qualcuno che voglia adottare un giovane pastore tedesco che sua madre ha trovato in Ucraina poco prima di fuggire, alcune settimane fa. "Siamo riusciti a portare gli animali qui in Italia grazie alla Lega per la Protezione del cane. Devo loro un ringraziamento". Spiega che Mykolaïv e la sua regione difficilmente rimarranno le stesse, anche nel caso l’avanzata russa venisse respinta: "non so se la comunità di lingua ucraina e quella di lingua russa potranno continuare a vivere fianco a fianco", riflette Katarina. Una situazione non semplice per chi come lei ha un cognome russo.

"Mi piacerebbe lavorare nell’organizzazione di cerimonie", racconta Katarina . "Matrimoni, feste, banchetti. Nei miei piani dovrei riuscire a imparare l’italiano in un annetto". Negli ultimi due mesi ha fatto molti progressi, ma la strada è ancora in salita. "Dalle nostre parti quasi nessuno parla o studia il francese o lo spagnolo. Anche per questo è più dura, non esiste una vera base da cui partire". La sua bussola però era puntata qui: "da Mykolaïv sono arrivata in Polonia e da lì ho chiesto dei passaggi fino in Italia". Olga Kmarchenko è arrivata invece da Kyïv. La capitale non è però la sua città: approdò lì dopo aver lasciato la Crimea nella prima fase della guerra, anni fa. Ammette di "non avere più nulla che mi tenga legata a Kyïv. La mia casa era Yalta. E quella parte di Ucraina non credo possa più tornare casa mia". Sulle sponde del Mar Nero lavorava nel settore alberghiero, non molto diverso da quello che si allarga lungo l’Adriatico e il Mediterraneo. Anche per questo motivo è qui che immagina la sua vita. Per Viktoria, Katarina e Olga – pur abituate a conversare in russo fra di loro – se c’è un qualcosa di incomprensibile sono gli spazi riservati, per esempio in televisione, a posizioni marcatamente influenzate dalla propaganda putiniana, anche da parte di opinionisti italiani: "Continuo a trovare inconcepibile l’opinione secondo la quale l’Ucraina dovrebbe arrendersi", fa notare Katarina: "Cosa li fa pensare che ci siano nostri connazionali intenzionati ad arrendersi a Putin? È una posizione che fra noi ucraini non esiste".

Filippo Donati