Furia si beve il Chianti. E Davide batte Golia

La ditta faentina di abbigliamento Seve Serigrafia ha ottenuto la registrazione del marchio col gallo cui si era opposto il consorzio vinicolo

Migration

La ditta di abbigliamento faentina Seve Serigrafia, nota per il logo ’Furia Romagnola’, al termine di un acceso contenzioso, ha ottenuto dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, l’autorizzazione alla registrazione del proprio marchio richiesta quattro anni fa, a febbraio 2017. L’operazione era stata sospesa per l’opposizione presentata dal Consorzio Vino Chianti Classico di Firenze che aveva così attivato il contenzioso di verifica. Il marchio presentato dai rappresentanti della ditta di abbigliamento, Gabriele Severino e Bassi Michael, era costituito dal simbolo del Gallo colorato di grigio, blu, giallo e rosso arancione, che impugna una caveja, su uno sfondo formato da una bandiera gialla con una croce rossa al centro.

Il Consorzio Vino Chianti Classico presentava opposizione affermando di essere storicamente titolare di un marchio assai simile, ovvero il Gallo Nero, e che la richiesta della ditta faentina era illegittima in quanto generava confusione con il loro segno distintivo. Secondo lo studio professionale Mannucci di Firenze, uno dei primi studi italiani di consulenza in proprietà industriale, "il simbolo del Gallo si trova riprodotto su oltre 40 milioni di bottiglie ogni anno per cui i consumatori italiani associano immediatamente il segno del ’gallo nero’ al Consorzio del Chianti". L’azienda faentina, assistita dall’avvocato Nicola Montefiori, riteneva invece infondata l’opposizione del consorzio fiorentino. Il primo argomento difensivo si basava sulla diversità geografica, storica e culturale. Secondo il disciplinare di produzione DOCG dei vini ’Chianti classico’, la zona di produzione era delimitata tramite decreto interministeriale tra le province di Firenze, Siena ed Arezzo, mentre la ditta Seve Serigrafia si trovava a Faenza e puntava molto sull’identità romagnola. Il segno proposto, inoltre, non era un singolo gallo nero stilizzato, ma un gallo colorato che stringeva la caveja, ovvero l’attrezzo agricolo simbolo della Romagna, un’asta d’acciaio che aveva la funzione di bloccare il giogo portato dai buoi, decorata con anelli e immagini allegoriche. Il gallo ’romagnolo’, a sua volta, affonda le sue radici nella storia, essendo stato scelto dagli Etruschi come simbolo di combattività e di fierezza. Le origini del marchio del Gallo nero, invece, pare risalgano alla rinascimentale rivalità tra Firenze e Siena quando le rispettive repubbliche si contendevano i confini territoriali: per porre fine alla disputa si decise di far partire dalle rispettive mura due cavalieri ’al canto del gallo’: il confine geografico tra le due città sarebbe stato fissato nel punto dove i due cavalieri si sarebbero incrociati al galoppo.

I senesi scelsero un gallo bianco che però fu appesantito da un’alimentazione eccessiva. I fiorenti un galletto nero più magro che il giorno della sfida, per la fame, iniziò a cantare prima dell’alba e così il cavaliere fiorentino partì prima di quello senese, riuscendo ad arrivare vicinissimo alle mura della città rivale e ad aggiudicarsi il territorio del Chianti. Ecco perché è stato scelto come simbolo del Consorzio del celebre vino. Il secondo argomento difensivo si basava sulla differenza merceologica, vino e olio da una parte e capi di abbigliamento dall’altra: ritenere che il consumatore medio possa confondere i due marchi non è astrattamente possibile. Ribatteva lo Studio Mannucci elencando i numerosissimi precedenti favorevoli, che avevano visto il Consorzio prevalere, in decine e decine di casi, sui numerosi tentativi di utilizzo di marchi simili, tra cui quello della nazionale francese di rugby: nel 2013, infatti, l’Ufficio Marchi comunitario aveva decretato la notorietà internazionale del Gallo nero come logo enologico collegato al vino Chianti, inibendo l’uso di un marchio simile da parte dei rugbisti transalpini.

Al termine dell’istruttoria, la seconda divisione dela Direzione Generale per la tutela della proprietà industriale dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, ha invece respinto l’opposizione proposta dal Consorzio Chianti autorizzando la registrazione del marchio della ditta faentina. Le motivazioni

poggiavano proprio sulla diversità del segno grafico, sulla differenza storico culturale e sull’impossibilità del rischio di confusione. Il Consorzio ha già proposto opposizione, impugnando la decisione. Il contenzioso proseguirà ma, intanto, Davide ha battuto Golia, la Romagna la Toscana e una piccola Serigrafia un potentissimo Consorzio.