Furti a raffica nelle case Cinque albanesi patteggiano

Hanno patteggiato tre anni di reclusione a testa i cinque albanesi tra i 19 e i 31 anni bloccati dalla polizia a metà maggio scorso con l’accusa di avere messo a segno una dozzina di colpi (tra realizzati e tentati) in altrettante abitazioni del territorio. I cinque, difesi dall’avvocato Luca Donelli, sono poi tornati liberi. Ma per quattro di loro, tutti irregolari, è subito intervenuto l’ufficio immigrazione della questura. Quindi è scattato un ordine di espulsione della prefettura: e, dopo l’avvallo del giudice di Pace, tre sono stati scortati dagli agenti a Roma per essere imbarcati in serata su un volo per Tirana. Mentre il quarto è stato accompagnato al centro di permanenza di Brindisi.

La banda in questione, smantellata dalla squadra Mobile, era caratterizzata da alta professionalità criminale. Vedi il collaudato sistema usato per salire in auto: vettura affiancata al portone di casa e poi uno alla volta dentro, tutti dallo stesso lato. Quelli nell’appartamento considerato dagli inquirenti il covo del gruppo - si tratta di un alloggio in via Dradi, zona via Faentina - erano invisibili: mai fuori casa, se non durante il ’lavoro’. Mai uno svago, mai nemmeno la spesa. Sconosciuti ai più fino alla notte in cui gli inquirenti li avevano bloccati. Quattro di loro erano stati arrestati in quasi flagranza di reato dopo due colpi in altrettante abitazioni di Lavezzola durante la festa del paese. Per l’ultimo, rimasto a guardia dell’alloggio, al rientro dei complici era scattato il fermo. L’operazione era partita alcune settimane prima nell’ambito dell’intensificazione dei servizi di prevenzione e contrasto ai reati predatori.

Il sospetto è che venisse realizzato un colpo almeno ogni giorno. Il gruppo sceglieva case private senza sistemi di sicurezza passivi. Vedi allarmi, telecamere di sorveglianza, inferriate e anche cani da guardia. Molto meglio case semplici e isolate: più facili da espugnare. Quindi al tramonto raggiungevano la zona prescelta in auto: una volta qui, in tre si disperdevano per i campi muniti dei necessari attrezzi per scassinare. Intanto l’autista si allontanava in attesa di essere richiamato per il recupero finale due o tre ore dopo.