Furti nei locali pubblici Al setaccio il cellulare

Il magistrato ha disposto una consulenza tecnica sul telefonino del 37enne finito in carcere. Proseguono le verifiche della polizia

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Quel telefonino, almeno sulla carta, potrebbe celare diversi particolari importanti per l’inchiesta. A partire dalla parola chiave che gli inquirenti sospettano usasse su Google per cercare articoli sullo stato delle indagini: ’Diabolik’. Quello del resto era esattamente il soprannome che la carta stampata a un certo punto aveva dato al ladro seriale dei fondo-cassa quando sembrava essere imprendibile.

E così il pm titolare del fascicolo Stefano Stargiotti ha disposto una consulenza tecnica sul cellulare trovato al momento dell’arresto ad Alex Sandy Matos, il 37enne di origine domenicana bloccato dalla polizia la sera del 22 luglio scorso in un appartamento di San Michele con l’accusa di essere l’inafferrabile Diabolik. Proprio per fare una copia forense dell’apparecchio e potere così procedere alla sua analisi (compresi tutti gli account a esso legati), il diretto interessato - difeso dall’avvocato Francesco Furnari - è stato formalmente avvisato. Il consulente della procura - il perito informatico Luca Mercuriali - entro 60 giorni depositerà le sue conclusioni.

Non si tratta dell’unico fronte investigativo rimasto aperto dopo l’ordinanza di custodia cautelare a firma del gip Andrea Galanti che ha fatto finire dentro il sospettato. In particolare l’apposita sezione della squadra Mobile sta compiendo verifiche sui colpi di giugno e luglio (una quindicina almeno) rimasti fuori dalle contestazioni formali: al 37enne sono cioè stati sin qui ricondotti 55 furti tra febbraio e maggio tra bar, ristoranti, stabilimenti balneari e altri esercizi pubblici; 12 sono quelli elencati nell’ordinanza cautelare. Il diretto interessato nell’interrogatorio di garanzia ha negato di essere lui l’ormai celeberrimo ladro seriale precisando che a suo dire non basta la lettura delle immagini dei soli occhi per attribuirgli la paternità dei colpi. Ha inoltre spiegato di avere lavorato negli ultimi tempi: in nero, ma di avere lavorato.

Contro di lui ci sono però varie circostanze a partire da un dato oggettivo: da quando è stato portato in carcere, non si sono più verificati furti dello stesso tipo. Inoltre un paio di anni fa sul suo profilo Facebook aveva caricato una foto con la stessa catenina con ciondolo a croce indossata dal ladro solitario durante uno dei colpi. Anche l’andatura barcollante, a papera, secondo l’accusa lo ha tradito: in questo caso la comparazione è stata fatta con un video di fine anno del suo matrimonio in Comune a Ravenna sempre caricato su Facebook. A legare tutti i colpi, c’è poi il modus operandi: l’uso di un piede di porco per forzare porte o finestre, il tipo di refurtiva (il fondo-cassa in prevalenza, ma anche generi alimentari e apparecchi elettronici) e l’abbigliamento tra cui una tracolla rossa nella quale sistemava gli arnesi da scasso e che finora non è stata ritrovata: per l’accusa se ne sarebbe sbarazzato forse dopo averne letto su Google.

Andrea Colombari