Giardiniere morto, sospeso l’ex dirigente

L’uomo, un 68enne di Bagnacavallo, è indagato per omicidio colposo aggravato. Nell’infortunio perse la vita il 44enne Pierantonio Ferraresi

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L’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere. E la difesa ha poi depositato documenti dai quali si evince che l’uomo, un 68enne di Bagnacavallo, dalla carica di amministratore della società, la ravennate DeltAmbiente, si era dimesso a maggio, cioè circa tre mesi dopo l’infortunio che verso le 13.30 del 18 febbraio scorso su via Capua a Cervia, era costato la vita al giardiniere 44enne Pierantonio Ferraresi di Comacchio. Come dire che non c’era più nessun pericolo di reiterazione del reato. Al netto dell’interrogatorio di garanzia di ieri mattina, il gip Sabrina Bosi ha invece confermato la misura del divieto di esercitare l’attività professionale per otto mesi rilevando in buona sostanza il fatto che se anche la qualifica dirigenziale è venuta meno, l’indagato è ora socio lavoratore dell’impresa: posizione che non garantisce l’impossibilità di commettere altri reati. L’uomo, difeso dagli avvocati Claudio Cicognani e Michele Dell’Edera, è indagato per omicidio colposo aggravato (dall’avere agito nonostante la previsione dell’evento) perché, secondo quanto finora emerso dalle indagini coordinate dal pm Angela Scorza, nonostante una evidente usura avrebbe omesso la manutenzione della piattaforma aerea sulla quale stava lavorando il 44enne per eseguire potature al verde pubblico: a un certo punto il cestello era precipitato schiantandosi al suolo a una velocità di 50 chilometri orari.

I tre testimoni avevano riferito di "una forte botta" e di "un forte tonfo di rumore metallico: mi sono subito girato e ho visto il braccio con il cestello del collega che cadeva e terra". Un’altra testimonianza sempre citata nell’ordinanza cautelare, aveva canalizzato i sospetti verso lo stato dell’attrezzatura: la moglie del defunto aveva infatti riferito che in più di una occasione il 44enne si era lamentato dello stato delle macchine. In particolare la donna aveva consegnato agli inquirenti un video realizzato dall’uomo con il suo cellulare il 14 dicembre 2021 nel quale si vedeva una copiosa fuoriuscita di fumo dal mezzo su cui stava lavorando. Il giorno dopo il consorte le aveva inviato un vocale per dirle che sarebbe rientrato prima a causa del malfunzionamento della piattaforma di lavoro, quella stessa il cui crollo non gli avrebbe poi lasciato scampo. E infine il 29 dicembre il 44enne le aveva riferito di un’accesa discussione con il datore di lavoro per l’ennesimo malfunzionamento della piattaforma. Oltre a quella dell’infortunio mortale, la procura aveva poi sequestrato a DeltAmbiente altre quattro piattaforme elevabili, tutte finite al vaglio dell’ingegnere Farina incaricato dalla procura il quale, con consulenza depositata il 10 agosto, ha tratteggiato un gravissimo stato di usura dei mezzi. Una relazione alla luce del quale il pm a fine mese scorso ha chiesto e ottenuto la misura cautelare per quelli che il gip ha sintetizzato quali “macroscopici profili di colpa specifica”. Di più: la situazione è stata definita come “gravissimo stato di incuria, al limite con la prospettazione di un dolo eventuale” per un comportamento bollato come non occasionale ma prolungato nel tempo. Del resto questo, secondo l’accusa, è il colpo d’occhio d’insieme dei macchinari: presenza di cricche evidenti anche a occhio nudo, saldature eseguite in modo scorretto e spesso arrugginite. E poco importa che le verifiche annuali eseguite il 5 agosto 2021 in una officina di Lugo avessero certificato il buono stato del mezzo rivelatosi fatale al 44enne: per il giudice l’indagato aveva l’obbligo di provvedere alla corretta manutenzione.

Andrea Colombari