Gino Pinza, pilota avventuriero Il ricordo del figlio, 80 anni dopo

Famoso per le sue acrobazie sulla Spreta, nella Seconda guerra mondiale, il 19 aprile 1943, fu colpito durante una missione in Tunisia, dove venne sepolto. Ma non è stato dimenticato.

Gino Pinza, pilota avventuriero  Il ricordo del figlio, 80 anni dopo

Gino Pinza, pilota avventuriero Il ricordo del figlio, 80 anni dopo

Giandomenico Pinza, detto “Gino”, ravennate nato con la passione del volo, aveva scritto sul suo biglietto da visita “Gino Pinza Pilota avventuriero”. E avventuriero lo fu davvero perché nel 1924, non ancora ventenne, scappò di casa per seguire la sua passione e ottant’anni fa, il 19 aprile 1943, trovò la morte proprio su un aereo in una missione di volo durante la Seconda guerra mondiale. Classe 1907, Gino veniva da una famiglia imparentata con il famoso basso lirico Ezio Pinza che aveva dato alla città due personaggi molto conosciuti. Suo padre, infatti, era Fortunato Pinza, mitico maestro delle scuole di via Carraie, mentre il fratello Renzo, avvocato, era figura assai nota in città. Conseguito il brevetto di pilota divenne istruttore di volo a Ravenna e a Forlì. Alla Spreta si recava in bicicletta mentre per raggiungere Forlì usava una macchina sportiva di colore rosso, una eccezione per quei tempi. E fra quanti insegnò a tenere in mano la cloche ci fu anche Ettore Muti. Amante del rischio, Pinza si divertiva a scendere in picchiata a motore spento per poi riaccenderlo e risalire quando il velivolo stava per toccare terra. A Milano, fra lo sbigottimento degli astanti, passava sotto i ponti dei Navigli e poi si esibiva in acrobazie che gli causavano non poche punizioni essendo prestazioni proibite. Pinza salì per l’ultima volta a bordo di un “SM.82 6043” per quella che sarebbe stata la sua ultima missione, il volo “Sciacca-Tunisi”.

L’aereo decollò da Sciacca alle 6.40 in direzione Tunisi con a bordo venticinque militari tedeschi. Che non si trattasse di una passeggiata lo dimostra il fatto che il volo “Sciacca-Tunisi” era chiamato “il sentiero della morte” e purtroppo per il “primo pilota” Pinza quel sentiero fu fatale. In prossimità della costa tunisina, infatti, un colpo di cannoncino colpiva un motore dell’aereo con conseguente incendio e altri colpi uccisero Pinza che colpito alla schiena si accasciò sulla cloche. Mentre l’aereo precipitava, il secondo pilota tentò un atterraggio di fortuna ma non poté evitare le diciotto vittime, tre delle quali si erano gettate dall’apparecchio ancora in volo. In un primo momento fu dato per disperso, poi la testimonianza di Mario Ballestrazzi, suo commilitone e padre del giornalista Vanni, assicurò la moglie Angela Baldani che fu lui stesso a seppellire Gino in Tunisia. Tutto questo mi racconta il figlio Giandomenico, classe 1943, che porta lo stesso nome del padre e che in occasione degli ottant’anni della morte ha voluto ricordare il genitore che non ha mai conosciuto perché non se ne perdesse la memoria.

Franco Gàbici