MILENA MONTEFIORI
Cronaca

Giuseppe Musca portato in carcere

L’ex vicesindaco detenuto a Port’Aurea. Al vaglio una possibile richiesta dei domiciliari da parte della difesa. In cella a seguito della condanna definitiva per il fallimento di alcune società

Giuseppe Musca in tribunale a Ravenna, l’immobiliarista ed ex vicesindaco ha 74 anni

Giuseppe Musca in tribunale a Ravenna, l’immobiliarista ed ex vicesindaco ha 74 anni

Ravenna, 29 giugno 2025 – Dal primo pomeriggio di ieri Giuseppe Musca è detenuto nel carcere di Port’Aurea. L’immobiliarista ed ex vicesindaco è stato prelevato dagli agenti della questura di Ravenna in seguito a un ordine di esecuzione pena dopo una condanna definitiva a 6 anni e 3 mesi di reclusione.

La condanna, arrivata dopo il passaggio finale di giovedì davanti alla Cassazione, è relativa al fallimento, per un totale di 33 milioni di euro di passivo, delle società Asa Holding, Romauto e Arca.

Tutte aziende che avevano un certo peso nel tessuto ravennate. L’ex vicesindaco (difeso dall’avvocato Domenico Di Terlizzi) era il principale degli imputati e in esecuzione della pena da ieri si trova nel carcere di Ravenna. Ora la difesa, con l’avvocato Filippo Furno, potrebbe avere fatto richiesta per una detenzione domiciliare alla luce dell’età dell’imputato.

Nell’ambito dello stesso fascicolo, il principale per la famiglia Musca, per la moglie Susi Ghiselli (avvocato Gianluigi Lebro) si partiva da 5 anni e 8 mesi: in questo caso una parte della sentenza è tornata in corte d’appello e una parte è passata in giudicato. Infine per il figlio di Musca, l’imprenditore Nicola (avvocato Giorgio Guerra), si partiva da una condanna a 3 anni: in questo caso la Cassazione ha annullato con rinvio alla corte d’appello facendo tornare in auge la sua assoluzione: l’unica pronunciata in primo grado.

Il più combattuto dei fascicoli aperti sulla famiglia Musca non si è dunque ancora chiuso nonostante una gimcana giudiziaria che lo aveva già fatto approdare fino alla Cassazione.

Ad alimentare il tortuoso percorso, era stato il colpo di scena che aveva caratterizzato il primo appello Bologna dell’aprile 2021 quando la corte aveva deciso di annullare la sentenza dichiarando, come chiesto dalle difese, la nullità del decreto di giudizio immediato e ordinando la restituzione degli atti alla procura di Ravenna.

Ma il ricorso di quest’ultima alla Suprema Corte, aveva fatto retrocedere di nuovo tutto a un appello-bis a metà ottobre 2024.

A Ravenna nel settembre 2018 in primo grado era finita a 10 anni e 6 mesi per Musca, 8 anni per la moglie e assoluzione per Musca junior.

A suo tempo l’immobiliarista si era assunto la paternità di quasi tutte le operazioni definendole di natura puramente imprenditoriale e soprattutto condotte nella legalità. Nello specifico in aula aveva sostenuto che quando aveva lasciato le varie società finite poi al vaglio delle Fiamme Gialle, queste non si trovavano in stato di decozione (cioè di insolvenza prossima al fallimento). In questo contesto, si era assunto la responsabilità di manovra.

E non solo per le operazioni fatte personalmente: ma, con dei distinguo, anche per quelle che altri – quelli che l’accusa indicava quali prestanome – avevano fatto per lui: operazioni che cioè aveva avvallato, condiviso e seguito. Per lui la Cassazione ha ora messo fine alle interpretazioni giuridiche. E ora si attende l’esito di una possibile richiesta di detenzione domiciliare presentata dalla difesa.