Gli 80 anni di Franco Gàbici

Un ritratto di Alfredo Cottignoli della storica penna del Resto del Carlino

Gli 80 anni di Franco Gàbici

Gli 80 anni di Franco Gàbici

di Alfredo Cottignoli *

Sessant’anni di amicizia (ci conoscemmo non ancora ventenni, grazie al comune apprendistato giornalistico nel “Picchio studentesco”) ben giustificano questo mio omaggio a Franco Gàbici, già autorevole direttore del Planetario di Ravenna e storico Presidente del Comitato ravennate della Società Dante Alighieri, che domani ( a 150 anni dalla scomparsa del Manzoni) compirà ottant’anni. Presentarlo ai lettori di questo giornale, che lo conoscono quale suo assiduo collaboratore, potrebbe sembrare quasi superfluo, come rischia di apparire un atto di presunzione volerne riassumere in poche righe la poliedrica attività di pubblicista e di prolifico scrittore, capace di spaziare dalla divulgazione scientifica alla letteratura, dalla erudizione alla storia locale, a conferma della permeabilità delle diverse culture. Ma non sarà forse inutile rammentarne i meriti di ravennate autentico, che alla sua città ha dedicato una messe, straordinaria, di pubblicazioni che fanno di lui l’erede di altri illustri ravennati dell’Otto-Novecento, quali Corrado Ricci, Santi Muratori, mons. Giovanni Mesini, Guido Umberto Majoli, Umberto Foschi.

A riprova di quanto Gàbici rappresenti la memoria storica della città e insieme una fucina ammirevole di idee e di progetti, sempre volti a perpetuarla, basterebbe il decisivo impulso da lui dato, nella dantesca Ravenna, ’ultimo rifugio’ del sommo poeta, alla nascita – sulle orme del glorioso "Bollettino" mesiniano – del ’Bollettino dantesco. Per il settimo centenario’ (2012- 2021), alla cui direzione scientifica volle chiamare me e il compianto amico e maestro Emilio Pasquini.

Ove restano esemplari le curiosità dantesche da lui via via curate, intese a ridar vita a personaggi minori del nostro dantismo otto-novecentesco (dal veneziano Antonio Maschio, detto il “gondoliere di Dante”, al toscano Luigi Ciardi, al romagnolo Pompeo Nadiani, sino al reggiano Nino Ferrari e ai ravennati Teodorico Landoni, Stefano Cavazzutti, Luigi Mazzavillani, Alieto Benini), tra cui spicca la sua scoperta di un importante inedito ottocentesco (Della stima che fanno parecchi Ravegnani del Sepolcro e delle Ceneri di Dante), opera del sacerdote liberale don Mauro Ferranti, nonché la sua lungimirante rivisitazione dell’Albo dei visitatori del Sepolcro di Dante, con l’opportuno recupero di un omonimo articolo, del 1882, di Adolfo Borgognoni. Ma vi è un’altra impresa editoriale, che conferma il suo amore per la città, ed è quell’Opera omnia del mitico bibliotecario classense Santi Muratori, di cui è sinora uscito il solo primo volume (1987-1911), ma che promette di aver presto un suo seguito. Come siamo certi che altri fili egli stia segretamente tessendo, e che altre sorprese non mancherà di riservarci. Il miglior augurio che gli si possa, perciò, rivolgere è quello di continuare, per molti anni ancora, con l’entusiasmo e l’operosità di sempre, a dar libero sfogo alla sua originale vena creativa, facendo così onore a sé e alla sua amata Ravenna.

*Italianista, già ordinario all’Università di Bologna.