Gli studi di Pierpaoli per Silvestro II, già arcivescovo di Ravenna

Fra i molteplici interessi del professor Mario Pierpaoli, al cui nome la Giunta ha recentemente deliberato l’intitolazione di un tratto di strada presso il Liceo classico, va ricordato Gerberto d’Aurillac, una delle personalità più autorevoli del Medioevo. Maestro nelle scuole di Reims, nel 980 Ottone II lo nomina abate di Bobbio e poco dopo salirà sulla cattedra di Sant’Apollinare come arcivescovo di Ravenna e infine verrà eletto papa assumendo il nome di Silvestro II. Conosciuto come l’uomo delle tre “R” (Reims, Ravenna, Roma) ma anche come “papa dell’anno Mille”, Gerberto fu anche un abile costruttore di sfere armillari e di astrolabi con i quali rendeva l’astronomia “ammirevolmente comprensibile” e pertanto può essere considerato il precursore dei moderni planetari. Fu anche abile matematico e grazie a lui fu introdotta in Europa la numerazione araba in sostituzione di quella romana. Nel dicembre del 980 l’arcivescovo di Reims si reca a Pavia con Gerberto per incontrare l’imperatore Ottone II, che si trovava in quella città con Otrico, il più celebre maestro delle scuole tedesche che, venuto a sapere della fama di Gerberto, intese sfidarlo pubblicamente e il teatro di questa sfida fu proprio Ravenna dove per l’occasione convennero “tutti i sapienti del tempo”. Ravenna, dunque, grazie alla fama di Gerberto, divenne una “capitale della cultura” ante litteram e la grande lezione di Gerberto fu l’avere applicato la logica e la retorica nel trattare il rapporto “scienza-fede”. Purtroppo, però, i suoi interessi verso le scienze gli fruttarono ben presto la fama di essere una sorta di negromante, una taccia che lo accompagnò fino alla morte, avvenuta nel maggio del 1003 all’età di sessantatré anni mentre stava celebrando la Messa a Costantinopoli. Fu sepolto a Roma in San Giovanni in Laterano e a confermare quel suo essere “mago” si è tramandata la leggenda che dal sepolcro si udivano strane voci. Nel 1648 Innocenzo X fece scoprire la tomba e fra i presenti ci fu il cardinale ravennate Cesare Rasponi che in suo trattato sulla basilica lateranense scrive che il corpo fu trovato intatto e che al contatto con l’aria si dissolse in un attimo. Sulla figura di Gerberto è uscito recentemente l’interessante studio “L’incantesimo della scienza” (Marietti) dell’autorevole storico medioevale Massimo Oldoni che mette a fuoco l’opera di questo straordinario personaggio, per la verità non molto noto, ma che ogni ravennate deve conoscere perché con la sua opera ha dato lustro alla nostra città.

Franco Gàbici