Gruppo di ricerca internazionale Riscritta la storia genetica dei nostri antenati

Fra i centri capofila dello studio c’è il Bones Lab del dipartimento di Archeologia di Ravenna. Il direttore Benazzi: "I popoli di Europa occidentale e orientale entrarono in contatto 8mila anni fa".

Gruppo di ricerca internazionale  Riscritta la storia genetica   dei nostri antenati

Gruppo di ricerca internazionale Riscritta la storia genetica dei nostri antenati

di Filippo Donati

La pelle scura e gli occhi azzurri: così apparivano gli europei del passato, nello specifico quelli che vivevano in Italia e in altre parti del continente ottomila anni fa. A ricostruirlo è uno studio, pubblicato sulla rivista Nature, realizzato da più di cento ricercatori delle Università di Bologna, Pechino, Lipsia e Tubingen. Fra i centri di ricerca capofila dello studio c’è proprio il Bones Lab del dipartimento di Archeologia di Ravenna, che attraverso le analisi sul dna di quegli antichi popoli ha contribuito a dare loro un volto. "La pelle scura era un’eredità diretta delle origini africane, relativamente recenti, di quella popolazione", spiega Stefano Benazzi, direttore del Bones Lab, "mentre gli occhi azzurri rappresentano una peculiarità che nelle attuali popolazioni africane è pressoché scomparsa".

Quand’è che quegli europei diventarono più simili agli attuali abitanti del continente? "Intorno a ottomila anni fa questi popoli dell’Europa occidentale entrarono in contatto, dopo esserne stati separati per circa seimila anni, con quelli dell’Europa orientale, che provenivano invece dalle steppe dell’Asia. Furono questi ultimi, paradossalmente, a portare in Europa i geni associati alla pelle chiara". Non è l’unico elemento ad essere emerso dallo studio, che ha analizzato i genomi di 356 cacciatori-raccoglitori preistorici, fra i quali nuovi gruppi di dati riferiti a 116 individui provenienti da quattordici diversi paesi europei e dell’Asia centrale. Innanzitutto i cacciatori - raccoglitori che vivevano in Europa fra 32mila e 24mila anni fa (la cosiddetta cultura gravettiana) non erano strettamente imparentati tra loro: mentre quelli dell’Europa sudoccidentale – dove trovarono condizioni climatiche più favorevoli durante l’Ultimo massimo glaciale – lasciarono tracce per almeno 20mila anni, quelle stanziate in Italia scomparvero. Al loro posto si affermò la cultura ‘epigravettiana’, arrivata dai Balcani fra 24mila e 20mila anni fa. "Come questo sia avvenuto non è però ancora chiaro", specifica Benazzi. Quattordicimila anni fa i discendenti di quegli epigravettiani si diffusero poi dalla penisola italiana in tutta Europa, attuando "una sostituzione genetica su larga scala, causata in parte dai cambiamenti climatici: la temperatura si riscaldò, le foreste si espansero, e i precedenti abitanti dell’Europa migrarono probabilmente verso nord, in seguito alla riduzione del loro habitat, la steppa". Concetti come la sostituzione genetica o le migrazioni preistoriche vanno ovviamente rapportati a dinamiche distribuite sull’arco dei millenni.

"Gli spostamenti che studiamo avevano ritmi lentissimi", ricorda Benazzi. "Potremmo dire che ogni generazione tendesse ad allargare un po’ il proprio areale. Si trattava inoltre di gruppi umani numericamente esigui: gli europei sparsi sul continente erano appena nell’ordine delle migliaia". Ottomila anni fa avvenne finalmente l’incontro fra quegli europei dalla pelle scura e gli occhi azzurri e le genti dalla pelle chiara arrivate da est, che portarono con sé l’agricoltura. Quegli europei dai tratti africani in parte migrarono, in parte si mescolarono coi nuovi arrivati: anche loro sono fra gli antenati del mezzo miliardo di europei che vive sul continente, e dell’altro mezzo miliardo di loro discendenti sparsi nelle Americhe, in Sudafrica, in Siberia e in Oceania.