di Carlo Raggi
"In Europa, secondo i dati della Commissione Ue, ci sono ottantamila morti all’anno per malattie professionali per esposizione all’amianto, una vera e propria strage ben maggiore di quella connessa agli infortuni: eppure non se ne parla. Ecco, anche questo silenzio spiega come sul tema della tutela giudiziaria del lavoratore si siano poi generate situazioni giuridicamente contraddittorie e che lasciano sconcertati": a parlare è Roberto Riverso, che da pretore del lavoro negli anni 90 fu il primo giudice in Italia a riconoscere i benefici della legge del ’92 per gli esposti all’amianto e che da quando è alla Corte di Cassazione si trova spesso a valutare le sentenze, in materia, delle Corti d’appello.
Giudice, i casi di Gulminelli e di Ossani sono purtroppo solo due dei tanti e indubbiamente questo lascia perplessi…
"La legge del ’92 parla di esposizione all’amianto per un periodo prolungato e, facilitando il pensionamento anticipato, riconosceva i benefici previdenziali quale ristoro per il lavoratore che, anziché potersi godere serenamente la pensione, inevitabilmente era costretto a vivere il periodo post lavorativo come un incubo. La soglia delle cento fibre per litro fu poi inserita quale ulteriore obbligo di prevenzione, ovvero per obbligare l’imprenditore ad adottare ulteriori sistemi di sicurezza oltre a quelli che già dovevano essere in atto".
Ma molti giudici d’appello se ne sono fatti scudo per annullare le sentenze di primo grado, fra cui anche quelle che aveva firmato lei…
"E continuano…poi le dirò. Ma è assurdo e spiego subito il perché: è una certezza scientifica il fatto che una persona che rimanga esposta in modo prolungato alle fibre di amianto, indipendentemente dal loro numero, una o cento, e sottolineo indipendentemente, ha la ‘probabilità’ di ammalarsi di mesotelioma. Provata l’esposizione, deve scattare il beneficio. I giudici d’appello che si sono avvalsi di consulenti tecnici che hanno sostenuto invece la salubrità dell’ambiente di lavoro sulla base di formule statistiche, hanno sostenuto una conclusione che non ha alcuna dignità scientifica".
Ne è prova anche il fatto che non tutti i consulenti tecnici si sono trovati d’accordo…
"Infatti, avventurarsi su quel fronte antiscientifico e che per di più si propone di valutare dati e ambienti di lavoro di anni e anni precedenti, la qual cosa è diabolica, ha creato situazioni contraddittorie e di sperequazione fra lavoratori anche della stessa fabbrica!".
Diceva poco fa che sono situazioni che ancora si presentano…
"Sì, sono numerosissime queste sentenze che arrivano in Cassazione. E anche grazie al mio contributo abbiamo avviato una interpretazione della norma secondo cui, l’ho scritto nelle sentenze, occorre tener conto della finalità originaria della legge, per cui ciò che rileva è solo la ‘probabilità’ di ammalarsi indipendentemente dalle cento fibre".
Con la costituzionalizzazione del danno ambientale e alla salute e la tutela delle giovani generazioni l’attenzione ai casi individuali dovrebbe essere ad altissimo livello, no?
"Ovviamente, perché è il modello di sviluppo, il rapporto fra lavoro e salute, che dovrebbe essere messo sotto la lente, ma ciò non avviene, anzi, dei morti per malattia professionale, come per i morti per amianto come le dicevo, non si parla, come se quei morti non esistessero e invece sono anche le quattro volte di più rispetto ai mille morti annui per infortuni".
Che strade hanno persone come Gulminelli o gli eredi di Ossani per cercare di ricostruire la fiducia nella giustizia così seriamente danneggiata?
"Dal punto di vista previdenziale, è percorribile la strada dell’indennità da richiedere all’Inail dato che i tempi della prescrizione corrono dalla scoperta della malattia. È una strada facile perché non occorre dimostrare la causa della malattia, il mesotelioma è malattia tabellata, mentre dal punto di vista giudiziario è aperta la strada della citazione civile per tutta una serie di danni, nei confronti del datore di lavoro, ma qui è da provare il nesso causale fra lavoro, malattia, morte".