Idrovore sotto stress "Lavoro imponente Cer e canali invasi dall’acqua dei fiumi"

L’evoluzione della catastrofe spiegata dal presidente del consorzio di bonifica. Ieri ristrette le zone di evacuazione.

Idrovore sotto stress  "Lavoro imponente  Cer e canali invasi  dall’acqua dei fiumi"

Idrovore sotto stress "Lavoro imponente Cer e canali invasi dall’acqua dei fiumi"

Lavorano da martedì scorso a pieno regime, senza un attimo di sosta. Ma da soli, gli impianti idrovori posti lungo i canali, innumerevoli su tutto il territorio provinciale, non ce la farebbero a far defluire la montagna d’acqua raccolta dai fiumi e che dall’Appennino è scesa puntando verso la costa con l’impeto di un uragano. Le idrovore sono impianti fissi, che prendono l’acqua da un canale e la sollevano per scaricarla in mare.

Stefano Francia, presidente del Consorzio di bonifica della Romagna, spiega la successione degli eventi di questi giorni: "La piovosità è stata maggiore in collina e in montagna, questo ha determinato la rottura degli argini dei fiumi. Una delle rotture, ed è questo uno degli elementi di sfortuna, è avvenuta in prossimità del Canale Emiliano Romagnolo. Il quale, nella parte che non è pensile, ma più bassa, si è riempito di acqua non sua, ma del Savio, del Lamone e del Sillaro, distribuendola a sua volta nella rete dei canali, che a catena sono andati in sofferenza. Ma anche senza il Cer, l’acqua dei fiumi si sarebbe propagata comunque, non sarebbe cambiato nulla. Anzi, al momento il Cer si sta comportando da scolmatore e ci sta aiutando a mandare l’acqua nel cavo napoleonico e nel fiume Savio, in modo da potere asciugare i terreni a nord del Cer stesso. Per intendersi, la zona di Reda, fino a Forlì". Nomi di canali ravennati come Cupa e le Canale, che fino a ieri facevano la voce grossa, restando sopra il livello di guardia, sono diventati oramai familiari anche ai meno esperti. Sono quelli che hanno minacciato da vicino la città, raccogliendo l’acqua di un bacino importante che passa da Faenza, fino a Russi e Fornace Zarattini.

Uno degli interventi salva-città è stato il taglio controllato nei fondi del Cab Terra. "Non si è trattato del taglio di un argine, ma dell’inserimento di tubature per permettere di controllare in uscita il flusso dell’acqua", precisa Francia, secondo cui "da sole le idrovore non ce l’avrebbero fatta, per questo abbiamo chiesto e ottenuto l’arrivo di pompe e, soprattutto, di squadre autonome di protezione civile che potessero azionarle". Tutti e duecento i dipendenti del consorzio della Romagna, che copre i territori dal Lamone a Rimini – l’altro è quello della Romagna occidentale, competente nel Faentino e nella Bassa Romagna – sono stati mobilitati. Riguardo alla situazione, a ieri sera, il dirigente non si sbilancia, pur in un contesto di moderato ottimismo: "Al momento assistiamo a una stabilizzazione e una lieve diminuzione dei livelli".

Ieri, intanto, è stata rinnovata l’allerta rossa per criticità idraulica e gialla per criticità idrogeologica fino alla mezzanotte di oggi, per il rischio di precipitazioni sugli appennini. Sono ancora 19.500, in tutta la provincia, le persone fuori dalle proprie case. A Ravenna si è ridotta leggermente la superficie del territorio soggetto a evacuazione, che resta tale nel perimetro a nord dell’A14-dir, mentre è stato consentito il rientro a Piangipane e Santerno.

A Sant’Agata sul Santerno, una tra le realtà più colpite, è terminata la fase dell’emergenza e si è messa in moto la macchina dei lavori di sgombero e pulizia. Una nuova ordinanza consente l’accesso alle aziende dell’area industriale di Bagnacavallo, ad eccezione di via Caduti sul Lavoro, ancora allagata. Resta critica la situazione a Villanova, complicata per una porcilaia dove l’acqua è così alta da impedire alla proprietà di trasferire gli animali.