Il caso Daniela Poggiali. Materiale preso da casa di riposo. Assolta l’ex infermiera e familiare

Erano accusate di peculato perché la co-imputata lavorava nella struttura convenzionata di Alfonsine. La procura aveva chiesto condanne di 5 anni e di 2 anni e 6 mesi: ma per i giudici "il fatto non sussiste".

Il caso Daniela Poggiali. Materiale preso da casa di riposo. Assolta l’ex infermiera e familiare
Il caso Daniela Poggiali. Materiale preso da casa di riposo. Assolta l’ex infermiera e familiare

La procura aveva chiesto condanne robuste per entrambe. E cioè 5 anni per la 50enne ex infermiera Daniela Poggiali e 2 anni e 6 mesi per la familiare 54enne imputata con lei in concorso per peculato per via di alcuni farmaci presi da una casa di riposo di Alfonsine dove quest’ultima lavorava come operatrice socio sanitaria (oss) per conto di una cooperativa. Nel primo pomeriggio di ieri il collegio penale del tribunale di Ravenna, presieduto dal giudice Cecilia Calandra, le ha assolte "perché il fatto non sussiste", dandosi 90 giorni di tempo per spiegare la propria decisione. Il pm titolare del fascicolo Angela Scorza si è riservato di fare ricorso in appello non appena lette le motivazioni.

La 50enne, non presente in aula, è stata raggiunta telefonicamente dall’avvocato Lorenzo Valgimigli, che la difende assieme al collega Gaetano Insolera. In sintesi ha detto che confidava nell’assoluzione ma che temeva una sorta di pregiudizio nei suoi confronti a Ravenna. Si tratta di un implicito riferimento alle due condanne riportate in passato per l’omicidio di altrettanti pazienti dell’ospedale di Lugo (trasformatesi poi in assoluzioni definitive). E alle due per furti o tentati furti in corsia (in questo caso sono state le condanne a passare in giudicato).

L’indagine era partita quando alla vigilia del Natale 2020 gli inquirenti erano andati a casa della ex infermiera per notificarle la custodia cautelare in carcere scattata dopo la condanna in primo grado a 30 anni per la morte di un paziente, il 94enne di Conselice Massimo Montanari (l’ex infermiera era stata poi assolta e scarcerata in appello nell’ottobre 2021, con assoluzione passata in giudicato a marzo 2022). Come di prassi accade in questi casi, il cellulare era stato passato al setaccio: e da alcuni messaggi, si era innescato il nuovo filone investigativo.

Per la procura, il quadro probatorio aveva assunto maggiore consistenza al termine di una perquisizione nella quale erano stati sequestrati medicinali soggetti a prescrizione e dispensati dal servizio sanitario nazionale (ssn), prodotti medicali e presidi medici. Il tipo di reato contestato – il peculato – era sorto dall’inquadramento giuridico-professionale dato alla 54enne, difesa dagli avvocati Alessandro Gamberini e Alice Rondinini: in quanto oss per una struttura convenzionata con il ssn, secondo l’accusa è un’incaricata di pubblico servizio. L’ex infermiera di conseguenza era stata assorbita in concorso nell’imputazione.

Per la difesa invece, non c’era corrispondenza di lotto, a parte in tre casi, tra il materiale sequestrato e quello passato dalla casa di riposo. In ogni modo, era stato risarcito con 400 euro, comprese spese legali e danno d’immagine. E poi era servito per la madre malata la quale ne aveva comunque diritto: come dire che non ne era stata fatta commercializzazione in nero.

Andrea Colombari