
Un’iniezione cervicale in una foto d'archivio
"La cosa più importante è spiegare ai pazienti che provano dolore, di rivolgersi ai centri che di lavoro fanno proprio questo. Lo capisco, i tempi di attesa sono lunghi: e così purtroppo accade che in diversi non vogliano aspettare e si affidino a persone non tecnicamente preparate in questo campo".
Tutti prima o poi nella vita abbiamo avuto (o avremo) a che fare con il dolore acuto e persistente: quello che ti toglie il fiato e talvolta pure la voglia di vivere. Basta questa semplice considerazione per capire l’importanza di quel settore della medicina, l’analgesia, che di ciò si occupa.
Un argomento peraltro divenuto di stretta attualità in seguito alla morte di Marianny Mayling Campos Justianiano, la 44enne deceduta dopo un’iniezione cervicale in un ambulatorio ravennate. Chi meglio del dottor Massimo Innamorato per maneggiare questo delicato argomento: referente della Rete Dolore dell’area vasta Romagna, da anni è anche il direttore della Terapia Antalgica degli ospedali di Ravenna, Lugo, Faenza, Rimini e Sant’Arcangelo. Con una doverosa premessa: "Non conosco il caso specifico della 44enne e non posso perciò esprimere valutazioni".
Dottor Innamorato, quanti pazienti si rivolgono a voi?
"Nell’area ravennate abbiamo circa 18-20 mila prestazioni all’anno tra visite e procedure". Di queste, quante sono le infiltrazioni? "Circa 1.300-1.400 in sala operatoria, tutte fatte con radioscopia: cioè in stretto monitoraggio strumentale. Prima di arrivare in sala, per i pazienti con più di 60 anni è obbligatorio l’elettrocardiogramma. Per tutti, bisogna comunque eseguire emocromo, coagulazione, proteina c reattiva. In tal modo possiamo verificare se ad esempio un paziente ha patologie legate alle coagulazione, se ci sono anomalie elettrolitiche o infezioni vertebrali in atto. Cerchiamo insomma di tamponare situazioni che potenzialmente potrebbero creare rischi ai pazienti: è chiaro che in questo modo raggiungiamo un buon livello di sicurezza. E nell’80-85% dei casi, si torna a casa con un buon grado di miglioramento".
Come in tutte le manovre mediche, immagino esista un rischio imponderabile descritto nel consenso informato.
"Sì, ad esempio patologie congenite misconosciute anche al paziente o reazione allergiche impreviste. Fino ai casi più gravi di reazioni a un determinato farmaco tali da causare una morte improvvisa: ma parliamo di un caso su 100.000 abitanti, che può aumentare in base alle comorbilità dei pazienti, motivo sufficiente per effettuare controlli approfonditi".
Una tecnica di ampio uso per i dolori cervicali, è quella che sfrutta le infiltrazioni di ozono: lei che ne pensa?
"È un gas che iniettiamo nella muscolatura paracervicale. Ma se dovesse arrivare nel canale vertebrale, creerebbe danni: anche una infiltrazione apparentemente così semplice va effettuata nella giusta maniera. Lo stesso vale per i farmaci: vedi cortisone e anestetico. Nel tessuto muscolare gli effetti sono trascurabili; nello spazio endomidollare e peridurale, cambia. Se si effettua una manovra scorretta, per il paziente ci può anche essere il rischio di plegie (con paralisi, ndr) o ipostenie (con ridotta forza muscolare, ndr). A livello midollare poi si rischiano ischemie del midollo spinale: immagini i danni. Si tratta di situazioni ampiamente descritte in letteratura".
Come possiamo cercare di evitarle?
"Per procedure in cui si adopera ozono, il consiglio è di affidarsi a medici che abbiano seguito specifici corsi uniformati alle linee applicative di settore. Se possibile, meglio la presenza di un anestesista rianimatore. Ad esempio lo shock anafilattico raramente si può verificare: ma se il paziente è monitorato con anestesista in sala operatoria, il livello di sicurezza è massimo".
Qual è il discrimine tecnico tra infiltrazioni che potrei fare ad esempio in ambulatorio dal mio medico di base e quelle che sono possibili solo in sala operatoria?
"La dimensione degli aghi: in ambulatorio vanno da mezzo centimetro a 2,5 centimetri per manovre paravertebrali. Mentre per aghi più lunghi da 5 a 9 centimetri, tipo per epidurale e foraminale (l’apertura tra due vertebre, ndr), c’è solo l’opzione sala operatoria in radioguida per una maggiore sicurezza. Vedi sciatalgia classica. Stessa cosa per la parte cervicale: c’è il midollo, sono necessarie procedure in radioguida".
Un punto problematico per molti: il collo.
"In generale una manovra con un ago di piccole dimensioni, dà rilassamento muscolare e la si può fare in ambulatorio: questo perché trattiamo una contrattura muscolare o un tratto artrosico ma non c’è compressione midollare. Ben diverso il discorso se c’è compressione con ernia cervicale: fuori dalla sala operatoria, è rischioso e non consigliato".
Per quali tipi di dolore siete più volte interpellati?
"Lombalgia e lombosciatalgia. Ma sono diffusi anche quelli in ambito cervicale spesso legati a posizioni di lavoro". Tempi di attesa? "Oltre sette mesi. A questo, bisogna aggiungere tempi per la sala di tre mesi: purtroppo non abbiamo sufficiente disponibilità di sale operatorie e di medici. Altrimenti potremmo dare risposte più congrue alla popolazione. La terapia del dolore è spesso sottovalutata".