
Dall’intercettazione dalle parole sibilline al fucile calibro 16 che potrebbe essere passato per casa. Ma lo scagiona una chiamata.
Ucciso in un campo vicino casa a Castel Bolognese verso le 18 del 29 ottobre 2022 con un fucile da caccia calibro 16, mai ritrovato. E nemmeno il suo fucile, un calibro 12, è stato mai ritrovato. Due colpi: uno alle spalle da 3-7 metri. E uno, di grazia, alla nuca sparato da meno di 50 centimetri quando era a terra. L’omicidio dell’operaio 49enne Felice Orlando resta per ora un giallo nonostante l’impressionante mole di verifiche dei carabinieri. Il pm Silvia Ziniti ha chiesto nei giorni scorsi l’archiviazione per i due indagati. E così ora, per la prima volta, possiamo rivelarvi alcuni dettagli dell’inchiesta.
A partire dal principale sospettato: il padre della vittima, tutelato dagli avvocati Lorenzo Valgimigli e Alice Rondinini, il quale nell’indagine c’era finito solo in seconda battuta. Accade quasi tre mesi dopo quando una testimone va in caserma per dire di essersi ricordata di alcuni particolari importanti. Perché a suo avviso una decina di anni prima in un casolare abbandonato, Felice avrebbe trovato un fucile calibro 16: lei ritiene che quell’arma possa essere stata consegnata al padre Giuseppe. Un’altra teste riferisce addirittura di un possibile avvistamento a casa Orlando di un fucile nascosto tra un mobile e un muro. E rivela un particolare che punta diritto anche alle munizioni: Felice un paio di anni prima avrebbe detto al padre una frase di questo tipo: "Se ci sono persone o animali, spara in aria che il fucile lo hai". Quell’arma non è mai stata ritrovata e Giuseppe nemmeno era cacciatore, anche se - sempre secondo la prima testimone - sapeva maneggiare un fucile.
Ciò che probabilmente ha fatto sobbalzare la procura, è però stata un’intercettazione domestica. Siamo a metà gennaio 2023 e, rispondendo alle sollecitazioni di una delle figlie, Giuseppe risponde in maniera all’apparenza sibillina: anche se loro non c’entrano con la questione - dice - lui invece c’è dentro. La donna allora incalza, vuole capire; ma il genitore taglia corto: "Chi voleva capire, capisse". "Lo hai ammazzato tu?", gli chiede allora una nipote. Le risposte probabilmente acuiscono le perplessità dei presenti: "Non dire niente, lasciamo stare". Poi lui spiega che ha la testa piena di pensieri e che vorrebbe parlare, ma non accade. Le successive perquisizioni non portano a nulla.
Né l’esame delle intercettazioni sortisce la svolta sperata anche se emerge che di quel fucile forse ritrovato da Felice, erano in diversi a saperlo. E che pure il padre sapeva che il figlio aveva ritrovato alcune armi, compresa una pistola poi gettata nel fiume. E se davvero ci fosse stato anche il famoso calibro 16? E poi il padre era probabilmente l’unico a sapere che il 49enne era uscito per cacciare. Inoltre a ridosso del delitto, non si trovava in casa. Ammesso e non concesso, la vicenda avrebbe comunque dovuto essere puntellata da un movente. Su questo fronte i militari dell’Investigativo non si sono risparmiati. La questione è una delle più antiche: i soldi. Felice aveva il vizio delle slot: non è escluso che il padre avesse saputo che si era speso sia i suoi soldi che parte dei risparmi dei genitori per alcune decine di migliaia di euro. Sta di fatto che Giuseppe, come confermato dalla badante della moglie, si trovava già a casa quando dal telefonino di Felice, a ridosso della morte, c’era stata una risposta a una chiamata. E poi quella stessa notte, per un paio di volte, aveva provato invano a chiamare il figlio. Elementi sulla base dei quali la procura non ha evidentemente ritenuto che potesse essere inquadrato lui come l’assassino.
Andrea Colombari