Il dialetto che ’addolcisce’ la pandemia

Il dialetto romagnolo, da molti ritenuto rozzo e irto di suoni duri, ha invece il potere di addolcire i termini italiani, anche i più crudi. Ad esempio, un buontempone ha tradotto in dialetto alcuni termini legati alla pandemia, riguardo ai quali ci sarebbe poco da ridere. Cominciando con assembramento che diventa "Tròpa zénta in zir" (Troppa gente in giro) e proseguendo con positivo: "T’l’e ciapê!" (Lo hai preso!) e quarantena, tradotta in "Te da stér a ca" (Devi stare a casa). Poi abbiamo il distanziamento sociale che in dialetto si dice "Scòstat te-m se adòs" (Scostati che mi sei addosso) e asintomatico: "A-n sént gnìt" (Non sento niente). Per finire con il picco di contagiati: "I taca ad esar dimöndi" (Cominciano ad essere tanti).