
Patruno ha curato una mostra itinerante a Ravenna che racconta la tragedia del popolo palestinese.
Per chi vuole saperne di più sulle condizioni di vita della popolazione civile a Gaza, fino al 30 giugno a Ravenna, da non perdere è la mostra collettiva ‘I Grant You Refuge’, di sei fotografi palestinesi: Jehad Al-Sharafi, Mahdy Zourob, Mohammed Hajjar, Omar Ashtawy, Saeed Jaras, Shadi Al-Tabatibi. Le foto sono esposte in alcune sale (teatro Rasi, Casa delle Culture, Sportello per cittadini migranti, varie sedi Cgil) e in diverse vie della città e a Marina di Ravenna, attraverso una serie di manifesti di grande formato. Curatore della mostra è il fotografo Paolo Patruno che per il titolo ha tratto ispirazione dall’omonima poesia della scrittrice e poetessa palestinese Hiba Abu Nada, uccisa il 20 ottobre 2023 nella sua casa di Khan Yunis, durante un bombardamento.
Patruno, com’è nata l’idea della mostra?
"Tutto ha preso il via lo scorso ottobre, dopo un anno in cui continuavo a vedere le immagini condivise sui social. Così ho pensato di fare qualcosa, di dare almeno maggiore visibilità agli eventi che stavano accadendo: portare in strada, con foto stampate, le immagini che oggi si possono trovare solo online, per dare così alle persone quella informazione che la quasi totalità dei media occidentali non stanno fornendo".
Perché si è scelta la formula di una mostra ‘itinerante’?
"Lo scopo è raggiungere la maggiore diffusione possibile, per questo l’ho promossa in molte sedi in Italia e all’estero. Dopo il suo debutto a gennaio all’European University Institute di Fiesole, la mostra è arrivata a Ravenna, in 9 location diverse, oltre a manifesti stradali 6x3 metri. Un ringraziamento agli organizzatori del ‘Festival delle Culture’ e al Comune che, sin da subito, hanno sposato il progetto della mostra dandovi ampio spazio. Fra l’altro l’iniziativa dei manifesti stradali è unica al mondo nel suo genere e, ad oggi, in nessuna città è stato data tale visibilità al tema degli eventi di Gaza".
Come sono stati scelti i 6 fotografi palestinesi che espongono?
"Fanno tutti parte di un collettivo, sono tutti fotografi della Striscia di Gaza, che avevano iniziato a documentare i terribili eventi dal 2023. Sono stati scelti per la qualità delle loro immagini, in rappresentanza delle decine di fotogiornalisti che vivono e lavorano nell’area, come testimoni oculari di uno dei conflitti più devastanti del nostro tempo. Volendo la mostra testimoniare non solo gli aspetti più duri e terribili, ma soprattutto la resilienza e la speranza del popolo palestinese, ho cercato appunto fotografi che mi permettessero di raccontare tutti gli aspetti di questo conflitto".
Quali sono le immagini di maggiore impatto per il pubblico?
"Senza dubbio quelle che mostrano gli aspetti più crudi di ciò che la popolazione civile sta subendo, con l’intento di informare e sensibilizzare le persone. Alcune ritraggono genitori che piangono la morte dei propri figli o bambini che si disperano per la perdita dei propri genitori, altre bimbi mutilati di uno o più arti (oggi a Gaza c’è il numero più alto di bambini mutilati di tutto il mondo, ndr); e ancora persone che si accalcano per poter ricevere un po’ di cibo con i più piccoli che piangono perché schiacciati nelle prime file; spostamenti continui sotto la minaccia di bombardamenti. La mostra vuole mostrare la grandissima forza e resilienza di questo popolo, per cui non mancano foto di bambini che giocano tra le macerie o di insegnanti che cercano di portare avanti la scuola per i bambini, in strutture di fortuna, circondati dalle macerie".
Lei da anni lavora a un progetto a lungo termine chiamato ‘Birth is a dream’, che mira a documentare e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla salute delle madri in Africa. A che punto è il progetto?
"È nato e rimane tutt’ora come ‘in divenire’, per cui non è terminato e rimane in corso. Ci sono ancora possibili storie che vorrei raccontare, non solo in Africa, come già fatto con il documentario ‘The American Dream’".
Roberta Bezzi