Il maxi-risarcimento Azienda cambia sede per un finanziamento: 353mila euro da pagare

Condanna per un 73enne cesenate e un 55enne pugliese. I due dovranno sborsare la somma in favore della Regione Puglia. in quanto ex amministratori della società, trasferita da Ravenna a Bari.

Il maxi-risarcimento  Azienda cambia sede  per un finanziamento:  353mila euro da pagare

Il maxi-risarcimento Azienda cambia sede per un finanziamento: 353mila euro da pagare

La sede della società era stata trasferita da Ravenna a Bari per “simulare l’esistenza delle condizioni utili” a incassare il maxi-finanziamento al centro del caso. Soldi anticipati da una banca ravennate con un mutuo impresa. I macchinari poi acquistati con quel danaro, erano stati consegnati fuori dal territorio pugliese o venduti prima di cinque anni, in violazione a quanto prevedeva il bando di assistenza alle piccole e medie imprese per la promozione di processi di produzione ecologica. E se la vicenda penale l’anno scorso è naufragata in un’archiviazione davanti al tribunale di Ravenna, quella erariale è approdata nei giorni scorsi a una condanna della Corte dei Conti della Puglia per illecita percezione di contributi a carico di un 73enne cesenate e di un 55enne pugliese. I due, in solido, dovranno risarcire poco più di 353 mila euro alla Regione Puglia in qualità di ex amministratori della Omer srl, dichiarata fallita nel 2017 dal tribunale di Bari. Il versante penale era scaturito proprio quell’anno da una segnalazione della guardia di Finanza barese poi trasmessa a Ravenna per competenza territoriale: tutto perché il 24 giugno 2016 la Omer aveva presentato domanda di aiuti sulla base di un bando della Regione Puglia datato 2009.

Dalle verifiche era emerso che la società, che operava nel settore dei lavori di meccanica generale, aveva aperto una nuova unità produttiva a Trani. Nella domanda, sottoscritta dal 73enne cesenate in qualità di amministratore legale – si legge nella sentenza della corte pugliese presieduta dal giudice Carlo Picuno –, la società aveva chiesto quasi 976 mila euro certificando la “sussistenza dei requisiti” necessari. E il dichiarato obbiettivo, era proprio quello di “rendere operativa la nuova attività produttiva”. Così, come previsto dal bando, nel dicembre 2013 la srl aveva stipulato con una banca di Ravenna un contratto di finanziamento con mutuo in 84 mesi che comprendeva due anni di preammortamento. Nel febbraio dell’anno dopo la società aveva chiesto l’erogazione del contributo, approvato a giugno con delibera della giunta regionale pugliese. E a questo punto si torna alle verifiche delle Fiamme Gialle: perché la sede di Trani era stata aperta giusto tre mesi prima della domanda di accesso al contributo regionale. Inoltre la sede legale della srl, era stata trasferita da Ravenna a Bari nel marzo 2014: peccato però – si legge nella sentenza – che la nuova sede coincidesse con “lo studio di un commercialista”, indirizzo “utilizzato per il mero recapito della corrispondenza”. Non era andata meglio con l’unità di Trani: da un sopralluogo dei finanzieri datato 19 maggio 2016, era emerso che “non veniva svolta nessuna attività”, come “confermato in atti dai due amministratori”. E i macchinari? Il 73enne cesenate aveva detto di “averli rivenduti tutti”, con conseguente violazione del bando per i contributi che imponeva di mantenerli per almeno cinque anni. Inoltre due autogrù e due muletti comperati con quei soldi, erano stati destinati alla sede di Ravenna e non a quella di Trani, anche qui in violazione al bando. Una vicenda, quella ricostruita dalla procura erariale pugliese, che dimostra “la responsabilità amministrativo-contabili” dei due amministratori i quali avevano “piena conoscenza degli obblighi: il fatto che li abbiano volontariamente disattesi, propende per la qualificazione dolosa della loro condotta”. Ecco perché sono stati condannati a sborsare 353 mila euro di finanziamento regionale, oltre a rivalutazione e interessi.

Andrea Colombari