"Il mio incubo sulla Concordia"

"Lo schianto, poi sulla nave scese il buio. Per anni ho avuto paura a dormire da sola"

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Elena Miccoli, titolare del salone di parrucchieri Quintessence, era a bordo della Costa Concordia la notte di dieci anni fa in cui la nave naufragò al largo dell’Isola del Giglio. Era uno dei tanti ravennati a bordo: fra questi Enis Maksudovski, che lavorava e lavora ancora nel suo salone.

Elena Miccoli, quanto è ancora davanti ai suoi occhi quella notte?

"Se devo essere onesta non so dire come riuscii ad attraversare la nave per arrivare al luogo dove salimmo sulla scialuppa. Lì per lì non realizzai cosa stesse accadendo, come molti di noi. Al momento dello schianto eravamo a cena: avevo un abito da sera, i tacchi. Poi rimanemmo al buio".

Su quella nave lei non era neppure in vacanza, giusto?

"No. Le crociere non mi attraevano neppure. Stavo prendendo parte a un reality show per parrucchieri: fra i concorrenti c’era pure Enis. Era una grossa opportunità per la mia carriera: per quell’appuntamento avevo lavorato più di un anno".

Poi il disastro.

"Capimmo che la situazione era disperata quando la nave cominciò a inclinarsi. L’impressione era che l’equipaggio non fosse abituato a staccare le scialuppe. Io salii sulla penultima: questo vuol dire che dalla nave se n’erano già andate più di tremila persone".

Fu il momento peggiore?

"Sì. Per il contraccolpo della scialuppa sull’acqua. E poi perché la barca improvvisamente cominciò ad allontanarsi dalla terraferma. Tutti scoppiammo ad urlare. Vedevamo l’isola del Giglio non lontana, ma la scialuppa fu trascinata in direzione opposta: toccò terra solo dopo aver fatto il periplo della nave. La persona che sedeva sulla scialuppa davanti a me ebbe una crisi epilettica. In quella notte riuscii a non separarmi mai da Enis. Aveva solo 22 anni, io 41, dovevo rimanere con lui. Qualche giorno dopo ebbi il primo attacco di panico".

Costa Crociere vi propose un modesto risarcimento.

"Fui tra coloro che accettarono. Si trattò di 14mila euro, a fronte però di tutti gli abiti e i materiali per il mio lavoro che avevo perso nel naufragio. Diecimila euro è di norma il risarcimento standard ogni qual volta ci si deve servire della scialuppa di salvataggio. Nei mesi dopo il naufragio fui contattata da vari pool di avvocati, che ci proponevano di intentare cause paventando risarcimenti da capogiro. Non ho voluto saperne. E questo nonostante molti di quei 14mila euro li stessi già spendendo per curarmi".

Si riferisce al supporto psicologico?

"Esatto. Non avevo scelta: per due anni non sono riuscita a dormire da sola. Mia figlia, che allora era una bambina, ha dovuto dividersi fra casa nostra e quelle di varie mie amiche. Le grandi folle hanno continuato a terrorizzarmi a lungo. Dopo tre anni sono riuscita a tornare alla normalità. Lo scorso settembre, per la prima volta, ho rimesso piede su una piccola barca, in costiera amalfitana. Non credevo di riuscire a viaggiare di notte, ma ci sono riuscita. Le paure fanno parte della vita, ma vanno affrontate. In questi ultimi due anni tuttavia le incertezze sono tornate, insieme all’impressione che non tutto sia passato".

Perché?

"So di essere guarita, eppure quell’ansia, quella paura diffusa, dopo lo scoppio della pandemia sono di nuovo nell’aria. Ma stavolta non sono io l’unica: è come se avesse colpito tutti".

Filippo Donati