Gli studenti universitari accanto ai malati, non per curarli (non ancora, almeno) ma per offrire loro compagnia e ascolto. È il rapporto nato da qualche mese tra i ragazzi del corso di Medicina di Ravenna e lo Ior, l’Istituto oncologico romagnolo, che si occupa di finanziare la ricerca e stare vicino ai malati. Sono 37 gli studenti che hanno iniziato a fare volontariato nell’associazione: 32 ragazze e 5 ragazzi al primo e secondo anno del loro percorso di studi. Per molti di loro stare vicino ai pazienti è anche un modo per entrare in punta di piedi nel mondo professionale che li aspetta, nonché per capire se la carriera nell’Oncologia è quella giusta per loro. "L’idea è nata l’anno scorso, poi il percorso formativo è stato lungo – spiega Paolo Grillandi, che si occupa della comunicazione dello Ior –. Hanno fatto degli incontri con la psicologa Giselle Cavallari, col direttore del reparto Stefano Tamberi e col nostro direttore generale Fabrizio Miserocchi. I reparti di Oncologia vivono su meccanismi ben oliati e molto delicati: volevamo essere sicuri che i ragazzi fossero un valore aggiunto e non una complicazione per medici e pazienti". I primi a proporsi sono stati i ragazzi stessi, dopo una conferenza dello Ior, nel marzo del 2022: "Avevamo parlato anche della nostra associazione e un gruppo di studenti al termine è venuto da noi a dirci che erano interessati a un’esperienza come volontari. Il dottor Tamberi ha subito visto in questa proposta una grande opportunità sia per i ragazzi, per imparare l’empatia e la vicinanza al paziente. E così sono partiti gli incontri formativi".
I ragazzi ora fanno regolarmente volontariato coi malati: "Abbiamo notato subito l’entusiasmo e il senso di responsabilità con cui i ragazzi si approcciavano a questo percorso – aggiunge Grillandi –. Ora è già un po’ che vanno in reparto, compatibilmente con i loro impegni. Vengono una volta a settimana, in quattro alla volta. Stanno accanto ai pazienti, fanno loro compagnia, e i pazienti lo apprezzano. Il nostro compito è anche quello di dare ai ragazzi che si approcciano alla sofferenza dei malati gli strumenti per gestire queste situazioni: per loro può essere anche un banco di prova per schiarirsi le idee sul loro futuro e capire se la carriera dell’oncologo fa per loro o no".
sa.ser