
La Capitaneria di Porto indica dove è stato trovato trovato Andrea Menghetti (a destra)
Ravenna, 24 gennaio 2025 – Un Paese di santi e navigatori e un mare che racconta storie di eroi e anche di gente comune che ha nell’Adriatico il passatempo preferito. È il caso di Andrea Menghetti, 49 anni, ravennate, che deve la vita ai militari della Capitaneria intervenuti mercoledì mattina nelle acque al largo di Classe da dove lui, appassionato di subacquea, non riusciva a tornare a terra.
Come inizia la sua storia?
"Erano passate le sei del mattino da poco, mi sono immerso, la nebbia non era fitta, ma quando ho raggiunto la fine delle scogliere non si vedeva più nulla ed ero completamente disorientato, non avevo più punti di riferimento, buio totale, era tutto uguale ovunque guardassi".
Che cosa ha provato?
"Inizialmente non ho avuto paura, ero convinto di farcela, ero spaesato naturalmente, ma molto vicino a riva. Invece, sia per le correnti che per la mancanza di riferimenti, capivo che mi allontanavo sempre più".
Quanti pensieri in quelle ore?
"Mille, soprattutto come risolvere la cosa e non abbattermi. Ero solo nel nulla, non vedevo niente, ho provato a usare la testa per trovare una soluzione, ma non ci sono riuscito".
Come ha capito che si allontanava sempre di più?
"Andavo sul fondo e contavo le pinneggiate per tornare su, e mi rendevo conto che la profondità aumentava".

Sì è sentito perso?
"Beh sì, alla fine ero abbastanza giù, con la nebbia che c’era facevo fatica a immaginare che mi trovassero, avevo paura che mi cercassero dove non ero. E poi che aumentasse il freddo, non sapevo neanche che sintomi può dare, perdere i sensi, la vista (la temperatura dell’acqua era 6/7 gradi, ndr)".
La luce del giorno non ha migliorato la situazione?
"Era la mia speranza che accadesse, ma si è passati dal grigio scuro al grigio chiaro e non si vedeva comunque niente...”.
Ha famiglia, ha pensato a loro?
"Molto, fin dall’inizio, il mio pensiero più pesante è andato a mia moglie e a mio figlio, è stata molto dura. Temevo che mi credessero già morto per un malore. Ho ripercorso tutto, nella mente mi è passata tutta la vita".
E quando è arrivata la motovedetta della Capitaneria?
"Ne sentivo il rumore, quando l’ho vista mi sono spinto fuori dall’acqua e mi sono sbracciato. Non ricordo cosa ho provato, gioia o paura, è come se la mente si fosse fermata, non me lo spiego. Ricordo solo quando mi hanno accolto e sono salito".
Ha pianto?
"Sì, in vari momenti, in acqua no, ma sulla motovedetta sì".
Tornerà a fare immersioni?
"La mia famiglia avrà bisogno di più tempo per superare quello che è successo. Io sto abbastanza bene, sì, tornerò, è la mia passione da sempre l’amore per il mare. Ma lo farò con più attenzione, perché quando ti capita una cosa del genere delle responsabilità ne hai sempre".
Ha qualcosa importante da dire?
"Ringrazio la Capitaneria, i Carabinieri, i Vigili del fuoco per la professionalità e l’umanità che hanno avuto con me e i miei familiari, ci sono stati vicini sempre e, detto in maniera cruda, mi hanno salvato la vita".