Il Tar: giusto ’sfrattare’ le slot quasi ovunque

Per i giudici ai gestori resta un 2,6% di territorio faentino in cui traslocare le attività, lontano da scuole, chiese e altri luoghi sensibili

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In questa partita ci sono due interessi non di rado antagonisti. Da una parte c’è la tutela dell’iniziativa imprenditoriale e dall’altra quella della salute pubblica. Per i giudici del Tar di Bologna non c’è nessun dubbio: quest’ultima prevale perché "il contrasto alla ludopatia è motivo imperativo di interesse generale". L’effetto è presto rivelato: quelle attività di Faenza – in primis il colosso di settore Romagna Giochi srl – che avevano impugnato la decisione dell’Unione della Romagna Faentina di inserire nel febbraio 2018 talune loro sale nella lista dei punti da chiudere perché a meno di 500 metri da luoghi sensibili, si sono viste respingere il ricorso perché ritenuto infondato. È giusta insomma la decisione dell’amministrazione locale sia di imporre loro la serrata o comunque una proroga di sei mesi per il trasloco in aree lontane dai punti delicati individuati con apposita mappatura telematica e calcolati secondo il criterio del ’percorso pedonale più breve’. Che di vietare l’apertura in quelle zone di ulteriori sale.

Le aree cerchiate di rosso non sono certo poche visto che comprendono chiese, oratori, impianti sportivi, residenze per categorie protette. O ancora cinematografi, strutture socio-sanitarie o centri dove i ragazzi siano soliti ritrovarsi. E, naturalmente, le scuole: tanto che nel nostro caso, oltre a Unione e Regione, nella querelle amministrativa era stato tirato in ballo pure l’istituto Bucci. Secondo la corte bolognese, presieduta dal giudice Alessandro Cacciari, le nuove regole sul gioco con vincite in danaro non creano nessun "effetto espulsivo" di un’attività lecita con "sostanziale espropriazione del diritto di iniziativa privata" (secondo il ricorso, è stato stato coinvolto il 75% dei punti gioco). Come dire che a Faenza le zone dove spostare le macchinette ci sono: del resto – si legge nella sentenza da poco depositata – "è la stessa perizia" presentata da chi aveva fatto ricorso a smentire la cacciata totale. Nei numeri, ha rilevato il Tar, il documento mostra infatti che è possibile piazzare le slot e quant’altro su una porzione del territorio manfredo "pari a 5,6 chilometri quadrati" ovvero il 2,6% dell’estensione comunale. Ragionamento analogo era stato proposto di recente sempre dal Tar bolognese e sempre in tema sale da gioco nell’ambito di analoghi ricorsi presentati da Romagna Giochi e da vari locali sia contro il Comune di Ravenna che contro l’Unione dei Comuni della Bassa Romagna. Su questo fronte i giudici avevano calcolato, sulla base di consulente di parte, che per Ravenna la superficie utile ammonta a un 25% circa del territorio; e per la Bassa Romagna si arriva a un 15%. A questo punto insomma manca solo un’eventuale pronuncia sul territorio cervese per raggiungere uno sguardo uniforme sul gioco per l’intera provincia.

In quanto alle attività manfrede che hanno fatto ricorso, "buona parte di loro ha fatto pervenire comunicazione o dichiarazione di cessazione spontanea dell’attività". In ogni modo va rilevato che la sentenza – pur compensando le spese processuali per via della "novità e della complessità della questione affrontata" –, è abbastanza netta su ogni motivo di ricorso. Tra le altre cose, la corte ha chiarito che le delibere impugnate non contengono "disposizioni di pianificazione territoriale" e che non hanno effetto retroattivo dato che "intervengono su una situazione non esaurita": il rapporto tra sale gioco e amministrazione comunale. Nessuna censura nemmeno sul legislatore regionale: "È intervenuto per evitare" la vicinanza di "sale e apparecchi da gioco a luoghi dove si radunano" persone ritenute "emotivamente più esposte all’illusione di guadagni facili". E cioè "al rischio di cadere vittime della dipendenza del gioco d’azzardo".

Andrea Colombari