Ravenna, Imam fa causa alla moschea per gli stipendi. Accordo davanti al giudice

Dopo lo sfratto aveva chiesto 50mila euro di compensazioni salariali

PREGHIERA Un momento nella moschea delle Bassette

PREGHIERA Un momento nella moschea delle Bassette

Ravenna, 12 ottobre 2017 - Già è difficile pensare che quella di imam possa essere più una professione che una vocazione. Figurarsi immaginare che da questa differenza, palesemente secolare, possa derivare una diatriba giuslavoristica. Di fatto è quello che è accaduto tra il centro di Cultura e di Studi Islamici della Romagna e l’ex imam di Ravenna, Ghariub Ashraf. Una disputa andata avanti quasi tre anni, passata anche attraverso uno sfratto e che si è chiusa giusto l’altro ieri davanti al giudice del Lavoro Dario Bernardi con una conciliazione giudiziale. In buona sostanza le parti hanno reciprocamente rinunciato a ogni controversia, e tanti saluti.

Ashraf, che ora vive altrove, è tornato apposta in città per mettere la firma che ha suggellato la pace, perlomeno giudiziaria. Per lui è pure arrivata una sorta di indennizzo per chiudere la questione: non ha ottenuto gli oltre 50 mila euro che chiedeva quale compensazione tra le retribuzioni percepite e l’inquadramento professionale che riteneva più consono alla sua mansione.

Ma non dovrà pagare la cospicua cifra che il centro gli chiedeva per l’occupazione abusiva della ‘canonica’ adiacente alle moschea della Bassette, la seconda per importanza in Italia, per le bollette e per l’affitto dell’alloggio temporaneo da dare al nuovo imam.

La questione, unica nel suo genere in tutto il panorama nazionale, si era innescata quanto Ashraf era stato assunto nel 2009 per ricoprire il ruolo di imam. E aveva ricevuto in godimento gratuito un appartamento adiacente alla nuova moschea.

Nell’ottobre 2014, quando il contratto di comodato gratuito era scaduto, l’ente religioso gli aveva chiesto di liberare i locali oltre che di pagare per la loro occupazione senza titolo. L’ex imam, lamentando sia difficoltà legate alla numerosa famiglia (ha cinque figli minorenni) che discrepanze con quanto a suo dire gli spettava, era però rimasto dentro. Il centro gli aveva allora fatto causa ottenendo dal giudice del Lavoro un provvedimento di rilascio di immobile. Dopo vari tira e molla, il 4 gennaio scorso il religioso era uscito dall’edificio. E martedì infine l’epilogo della vicenda.