
L'accusa è di violenza sessuale ai danni di una imprenditrice, molestata in un palazzo del centro a Ravenna (foto di repertorio)
Ravenna, 19 aprile 2025 – Avvicinata da tergo nell’androne di un palazzo del centro. E palpeggiata da uno sconosciuto animato forse dall’intenzione di andare fino in fondo. Salvo alla fine riuscire a urlare e a divincolarsi. Il peggiore degli incubi per una donna quello vissuto il 7 aprile scorso da una imprenditrice ravennate che stava andando dal suo commercialista. Per il sospettato - un operaio 32enne - sono scattati gli arresti domiciliari su ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Janos Barlotti su richiesta del pm Raffaele Belvederi per violenza sessuale.
Nell’interrogatorio di garanzia di ieri mattina, il giovane - difeso dall’avvocato Luigi Filippo Gualtieri - si è avvalso della facoltà di non rispondere. Aveva già ricevuto un avviso orale del questore a cambiare condotta di vita: nel suo passato, un decreto penale di condanna per guida in stato di ebbrezza estinto tramite lavori di pubblica utilità ma soprattutto un patteggiamento cumulativo a 4 anni e 6 mesi di reclusione per un paio di estorsioni.

Cos’è successo
Torniamo ora a quel 7 di aprile, ore 15. La donna - una ultra-quarantenne - si era recata per un appuntamento nello studio del suo commercialista quando era stata sorpresa da uno sconosciuto che l’aveva spinta verso l’androne dello stabile per iniziare a molestarla. Lei, dopo l’iniziale smarrimento, era riuscita a divincolarsi: e quando lui si era di nuovo fatto sotto, aveva iniziato a gridare riuscendo così ad allontanarlo. Poi una impiegata dello studio era intervenuta in suo aiuto riuscendo alla fine pure a fotografare il sospettato il quale intanto continuava ad aggirarsi attorno all’edificio come se nulla fosse accaduto.
“Ero sola - aveva a suo tempo riferito la donna ai carabinieri - e giunta davanti al portone, citofonavo per farmi aprire”. Ma mentre stava entrando, ecco che “improvvisamente venivo sorpresa da una persona alle spalle che mi spingeva e mi incantonava nell’angolo sinistro”. E poi quella persona “chiudeva la porta senza proferire alcuna frase”. Lei si era allora “irrigidita senza riuscire a dire una parola”. Intanto lui “mi teneva ferma senza lasciarmi muovere”. Era però riuscita a vederlo: “Un uomo di giovane età, media statura, corporatura magra, con occhiali da sole e un piumino”. Lei a un certo punto era stata in grado di divincolarsi e “di allontanarlo: ma lui cercava di riafferrarmi senza riuscirci: lo tenevo lontano urlando, chiedendo aiuto”. Era pure riuscita a “farlo uscire chiudendogli la porta in faccia”.
Ma chi era quel tipo? Nessun dubbio: “Non lo conosco e non lo avevo mai visto prima”. In ogni modo a quel punto “tutti i dipendenti dello studio” erano scesi per vedere cosa stesse accadendo. Poi lei e una dipendente erano salite: “Dalla finestra notavo e riconoscevo la persona in strada: chiedevo di scattare una foto utile per i carabinieri” del Radiomobile che erano subito intervenuti identificando il 32enne.
Un racconto, quella della donna, che per il gip è pienamente credibile perché misurato, coerente e senza contraddizioni. Lo stesso vale per la descrizione del sospettato il quale - secondo il giudice - ha agito su una perfetta sconosciuta con modalità replicabili ai danni di qualunque altra donna individuata come preda delle proprie pulsioni. La conseguenza giuridica è inquadrabile in una sola parola: domiciliari.