In un frammento d’osso la storia degli antenati europei di 17mila anni fa

La scoperta degli archeologi del ’Bones lab’ dell’Università di Bologna che operano nei laboratori del nostro dipartimento

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Gli europei vivono in Europa da più tempo di quanto si pensasse. La prova è in uno studio, portato avanti dal Bones Lab dell’Università di Bologna , il laboratorio di osteoarcheologia e paleoantropologia del dipartimento a Ravenna, in collaborazione con l’università di Padova, effettuato a partire dal dna di un giovane uomo del paleolitico superiore, i cui resti furono portati alla luce nel 1963 nel sito di Riparo Tagliente, in provincia di Verona.

"Il dna rinvenuto nella mandibola di quell’uomo, un cacciatore-raccoglitore vissuto 17mila anni fa, mostra delle analogie con quello di sapiens vissuti in varie parti d’Italia fino a 19mila fa", spiega Eugenio Bortolini, ricercatore del dipartimentoi di Archeologia a Ravenna e primo autore dello studio, uscito sulla rivista Current Biology.

"Al tempo in cui viveva quell’uomo l’Europa era nella fase tardoglaciale: i ghiacci si stavano gradualmente ritirando, e le aree prima ricoperte dalle calotte, come le Alpi, erano in fase di ricolonizzazione. Della quale possiamo dunque dire non furono autori popoli di 13-14mila anni fa, quando le condizioni climatiche erano sostanzialmente miti – come si pensava fino a oggi – ma discendenti degli individui che avevano continuato a vivere in Europa e in Italia anche durante il massimo glaciale, nei cosiddetti "rifugi" dal clima leggermente più favorevole". Una domanda sorge spontanea: chi era quell’uomo? "Il termine scientifico utilizzato per indicare la popolazione cui apparteneva è "western hunter-gatherers", cioè semplicemente "cacciatori-raccoglitori occidentali": venivano infatti dall’area balcanica, collegata allora all’Italia da un’ampia pianura che occupava la parte settentrionale dell’Adriatico". L’individuo di Riparo Tagliente discendeva da sapiens arrivati in Europa nel corso di una migrazione di gran lunga precedente rispetto a quelle più note, che condussero in Europa i popoli pre-indoeuropei quali i baschi o gli etruschi, e successivamente gli indoeuropei come le genti italiche, i greci, i celti o i popoli germanici.

"Di quell’uomo non sappiamo molto: non conosciamo la sua corporatura o le dimensioni del cranio, e non scopriremo probabilmente mai quale lingua parlava. Sappiamo però che apparteneva ad una cultura già complessa: lui e i suoi contemporanei erano capaci di circondarsi di utensili per la caccia e di oggetti sacri. Si cimentavano già in diverse forme d’arte: dalla pittura rupestre alla creazione di statuine legate ai culti che praticavano". Quanto c’è di quegli antichi cacciatori-raccoglitori nel dna del miliardo di persone che oggi, soprattutto in Europa, nelle Americhe, in Sudafrica, in Israele e in Oceania, hanno origini europee? "Il suo dna presenta tracce in comune con chi oggi può definirsi in tutto o in parte di origine europea. La domanda enorme per chi compie studi nel nostro campo riguarda la misura del mescolarsi di quelle popolazioni con le altre approdate successivamente in Europa. I discendenti degli europei di 17mila anni fa furono sopraffatti dalle popolazioni arrivate dopo di loro? O piuttosto l’assimilazione fu graduale? La risposta non è univoca: per quanto il passaggio dal paleolitico al neolitico sia avvenuto principalmente sotto la spinta dell’afflusso di nuovi popoli, l’assimilazione può essere avvenuta con diverse forme nelle varie parti del continente".

Di certo quegli europei di 17mila anni fa, dal punto di vista biologico, hanno almeno in parte vinto la sfida evolutiva: i loro discendenti popolano l’Europa – e molte altre parti del mondo – ancora oggi. "E’ proprio così", conclude Bortolini. "Nel dna di quell’uomo ci sono elementi che confluiscono nella base comune dei successivi cacciatori-raccoglitori del continente. Tracce rimaste nel background genetico di tutti gli europei".

Filippo Donati