In un teatro la storia della città

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di Franco

Gàbici

La ristrutturazione del Teatro Rasi stimola vecchi ricordi legati al dopoguerra quando il teatro divenne sede provvisoria di alcune attività dei Salesiani dal momento che i bombardamenti avevano raso al suolo l’Istituto di via Alberoni. Fra queste la famosa legatoria guidata dal ‘gigante buono’ Dante De Maria. Il teatro fu intitolato al ravennate Luigi Rasi nel 1918 e il 15 dicembre del 1952 fu murata nell’ingresso una lapide con questa iscrizione: ‘A Luigi Rasi (1852-1918) maestro sommo dell’arte drammatica nel centenario della nascita. I concittadini’. La lapide non esiste più e in occasione dei nuovi restauri sarebbe opportuno ricollocarla nell’atrio, accanto alla biglietteria dove spesso sedeva Camillo Bellonzi, all’epoca studente di ingegneria.

Moltissime compagnie si sono esibite al Rasi: il Piccolo Teatro della Città di Ravenna di Vittorio Braschi e di Gino Caprara, la Compagnia dialettale di Bruno Gondoni e Giuseppe Pasi Nivellini, la ‘Ravgnana’ di Livio Benini, ‘La Rostica’ di Guido Fiorentini. Si offrivano commedie dialettali e in lingua, esibizioni di complessi musicali (ricordate il gruppo di fisarmoniche ‘Primavera’ della mitica Albertina Scioni?), saggi della ‘Scuola di danza ritmica Enal’ diretta da Maria Rosa Brunati e dell’Istituto Verdi che vide esibirsi al flauto Bruno Carnoli, per tanti anni ‘pubblicitario’ del Carlino. Ricordo anche alcuni spettacoli degli studenti delle Magistrali con il futuro giornalista Claudio Santini nelle vesti di presentatore. Il Rasi ospitò anche lo sport con incontri di pugilato e di scherma. Calcarono le scene del Rasi moltissimi ravennati, da Walter Della Monica a Luisa Fiorentini, da Livio Benini a Paolo Zampighi e nel 1954 gli spettatori del Rasi applaudirono anche un giovanissimo Gian Maria Volonté. Il Rasi del dopoguerra fu attivo fino alla fine del 1959 quando fu chiuso per ragioni di sicurezza, ma a partire dal 1961, e per una decina di anni, nel cortile adiacente si esibì il Teatro dei burattini di Otello Monticelli in uno spazio chiamato ‘Arena Rasi’. I vecchi ravennati ricorderanno il suo aspetto prima del restauro degli anni Sessanta dell’architetto Sergio Agostini, con la caratteristica galleria a ferro di cavallo sorretta da colonne e mensole di ferro opera del fabbro ravennate Alfredo Savini e inaugurata nel dicembre del 1893. Nei primi anni del dopoguerra, infine, sostò nel viale d’ingresso del teatro un ‘bus’ dell’Erp (Piano Marshall), che distribuiva materiali pubblicitari e giochi e che utilizzava il Rasi per proiettare filmati.