Incendio Lotras Faenza, le domande ancora senza risposta

Dalle cause agli effetti delle emissioni, ecco cosa c’è ancora da chiarire

L'incendio di Faenza alla Lotras

L'incendio di Faenza alla Lotras

Faenza (Ravenna), 20 agosto 2019 - Se esistesse un misuratore della quantità di colpevolismo nell’aria dovrebbe probabilmente essere tarato sulle tonnellate, e non sui picogrammi. Nella risposta che Arpae dà a Legambiente Lamone – tra le poche realtà che hanno posto quesiti evitando di allegare tra le righe risposte autoprodotte, pratica diffusissima in città da dieci giorni a questa parte – pare di leggere la stessa perplessità percepita ai piani alti di palazzo Manfredi per il complottismo che si è diffuso. Ma se Arpae ha fatto chiarezza sulle modalità di raccolta dei dati e sulle emissioni causate dall’incendio alla Lotras (foto), restano vari nodi da chiarire su effetti e cause dell’incendio (ne scriviamo sotto).

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"Il monitoraggio della qualità dell’aria", scrive Arpae, «viene fatto posizionando gli strumenti di misura nei luoghi nei quali si stimano le ricadute più significative. In particolare, si tiene conto della tipologia dell’evento, delle condizioni meteoclimatiche, delle previsioni sull’evoluzione delle condizioni meteorologiche.

Nel caso dell’incendio alla Lotras (video), questi criteri – tenendo conto dell’assenza di correnti discendenti che hanno fatto sì che il fumo rimanesse in quota – hanno permesso di individuare nell’area sud-ovest di Faenza quella più impattata».

Da qui la scelta di posizionare il campionatore in quella zona, in presenza di un luogo pubblico – le scuole don Milani – giudicate un sito sensibile. «Per disporre di maggiori informazioni è stato posizionato un campionatore ad alto volume anche a Forlì», prosegue Arpae.

«Pur considerando che i venti nel corso della giornata cambiano direzione, per meglio valutare l’impatto di un evento in evoluzione non è opportuno cambiare postazione per inseguire (e sempre a posteriori) le direzioni dei venti. Inoltre, l’evoluzione nel tempo delle concentrazioni degli inquinanti in un punto fisso di riferimento consente, con l’uso di modelli di diffusione degli inquinanti, di «tarare» i risultati modellistici a partire dalle condizioni meteorologiche, e stimare le ricadute anche in altre aree della città».

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Arpae viene poi al nodo che più ha tenuto in apprensione la città: «Relativamente ai tempi per «ufficializzare i dati delle analisi», va ricordato che – in particolare in presenza di diossine e Ipa (idrocarburi policiclici aromatici, ndr) – queste ultime sono particolarmente complesse e richiedono, dopo il campionamento che dura comunque 24 ore, l’estrazione del campione, l’iniezione, la verifica, il calcolo del dato. Operazioni che per cui normalmente occorrono 48-72 ore. Durante l’incendio a Faenza (foto) – grazie al lavoro dei tecnici, tuttora in corso – i risultati analitici dei campioni raccolti dal 9 al 12 agosto sono stati resi noti nelle 32 ore successive l’ultimo campionamento».

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Cause da individuare

Accertare le cause dell’incendio sarà un’impresa lunga e complessa, che chi ha avuto modo di entrare in quel resta del magazzino di via Deruta non ha esitato a descrivere come «quasi impossibile». Sin da subito la proprietà ha ipotizzato un incendio doloso. Nel magazzino erano semplicemente stoccate merci, non si compiva produzione. Cosa può avere causato il primo innesco? Oltre agli allarmi antincendio sono partiti anche quelli antintrusione: ma a farli entrare in azione potrebbero essere stati gli scoppi del materiale accumulato, facilmente udibili. Un particolare ha sorpreso molto i cittadini accorsi sul luogo del disastro la notte tra venerdì e sabato: la rapidità con cui l’incendio si è sviluppato. Tutti si sono trovati di fronte l’intero magazzino avvolto dalle fiamme, mentre non si ha notizia di persone che abbiano potuto vederlo quando doveva essere più contenuto.

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Le conseguenze occupazionali

L’incendio si è abbattuto su di un settore, quello della logistica, che, pur potendo contare nel territorio faentino sulla presenza anche di altri nomi di rilievo nazionale, convive da anni con un futuro possibile che nella realtà non ha mai preso corpo. Il fallimento del progetto del nuovo scalo merci. A parte questo aspetto, il nodo più preoccupante sono le ricadute occupazionali. Alla Lotras di Faenza lavorano 40 persone che diventano un centinaio nei periodi ad alta intensità di lavoro. Il titolare Armando De Girolamo ha detto che si farà di tutto per mantenere l’occupazione e far ripartire l’azienda. Nelle prossime settimane forse si farà maggiore chiarezza anche sul futuro faentino dell’impresa specializzata in logistica.

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Le ricadute della diossina

Frammenti di lana di vetro, gomma vulcanizzata e plastica incendiata piovuti sulla città il mattino successivo al rogo hanno fatto temere che dall’incendio fossero scaturite quantità ingenti di diossine. È stato necessario attendere martedì per conoscere i dati dei primi quattro campionamenti: due presentavano livelli di diossina per metro cubo pari a 1,3 e 1,2 picogrammi (milionesimi di milionesimi di grammo), ben oltre il limite di 0,3 consigliato dall’Oms. Dal quinto campionamento la situazione è tornata nella norma. La contaminazione da diossine avviene tuttavia soprattutto per via alimentare, in particolare attraverso la componente più grassa degli alimenti (carne, uova, latte e derivati). Per questo l’Ausl ha disposto campionamenti sugli animali d’allevamento e sui loro prodotti, oltre che sulla frutta e la verdura coltivate (che presentano rischi minori, se ben lavate). Dai risultati dipenderanno eventuali accorgimenti alimentari.

L'inchiesta e le responsabilità

L’inchiesta sul rogo procede a tambur battente. Tutto naturalmente coperto dal segreto istruttorio. E tuttavia le verifiche coordinate dai pm Alessandro Mancini e Antonio Vincenzo Bartolozzi, sono scattate da subito e in maniera imponente. Oltre agli accertamenti dei carabinieri della locale Compagnia, dirimente per capire l’esatta natura delle fiamme sarà senza dubbio la relazione tecnica dei vigili del Fuoco, intervenuti sul posto in forze. Toccherà a loro indicare i possibili inneschi, lo sviluppo dell’incendio e le modalità di propagazione. Ovvero in buona sostanza dissipare ogni dubbio sulla tipologia del rogo: se accidentale o se, come prospettato dalla proprietà, doloso. In questo caso andranno individuate le responsabilità.