Inchiesta funerali, prime imprese ’liberate’

Il Tribunale della libertà ha annullato l’interdizione al lavoro per 10 mesi ai soci titolari dell’agenzia ’La Lughese’, altri appelli sono in corso

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Cadono le prime misure cautelari nell’ambito dell’inchiesta sui funerali pilotati, che a inizio novembre aveva provocato un autentico terremoto nel mondo delle imprese funebri di Lugo e Faenza, con 37 indagati tra impresari e operatori Ausl d’obitorio, accusati di associazione per delinquere finalizzata a reati corruttivi. Recentemente aveva ottenuto gli arresti domiciliari, in sostituzione della misura carceraria, il 64enne operatore Ausl, alla guida della camera mortuaria di Faenza, ritenuto dai carabinieri la mente del gruppo. In precedenza, anche un’altra delle operatrici d’obitorio aveva lasciato i domiciliari, con possibilità di tornare al lavoro sebbene in un reparto diverso.

Ieri è stata la volta dei primi impresari funebri – su dieci agenzie colpite da misura cautelare – a ottenere l’annullamento dell’interdizione al lavoro per 10 mesi. Si tratta dei soci dell’agenzia ’La Lughese’, che attraverso il proprio legale, l’avvocato Andrea Visani, per primi avevano presentato appello cautelare al Tribunale della libertà di Bologna. Si attendono le motivazioni della decisione, intanto ricorsi analoghi sono al vaglio e non si escludono, almeno per alcuni, esiti in fotocopia. Non si tratta di un provvedimento di poco conto, dato fino a ieri gli impresari della Lughese non avrebbero potuto lavorare per quasi un anno, mentre ora possono tentare di riguadagnare la loro posizione nel mercato del caro estinto.

Attenzione: revoca delle misure non è sinonimo automatico di non colpevolezza. Basti ricordare che un’inchiesta analoga, condotta a carico delle agenzie funebri di Bologna, si era conclusa con un mare di patteggiamenti. La Procura, all’esito di indagini andate avanti tra gennaio e maggio 2020, contesta a sei tecnici di obitorio di aver svolto, dietro compenso e violando la legge regionale, la preparazione e la vestizione di salme per conto delle imprese funebri, le quali in questo modo risparmiavano risorse e personale a ciò deputati, usando peraltro mezzi del servizio sanitario nazionale.

Inoltre, i primi avrebbero segnalato alle seconde le cosiddette salme libere, per le quali i parenti non avevano ancora dato indicazioni. Erano sempre loro che si adoperavano per assegnare le camere ardenti migliori a loro vantaggio. E che facilitavano o meno gli ingressi in obitorio, assumendo atteggiamenti definiti dagli inquirenti di ostruzione verso quelle pompe funebri (un paio) che non facevano parte della contestata associazione. Queste ultime erano così obbligate a seguire in maniera scrupolosa tutti i regolamenti.

l. p.