Inchiesta partita dall’esposto di una mamma "Il mio ex finse di vaccinare nostra figlia"

L’uomo, no-vax di Belluno, aveva preso accordi con il medico ravennate. L’iniezione fissata nel weekend quando l’ambulatorio era chiuso

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Le prime nebbie, i caselli intasati, pure qualche coda. Ci sono quasi 320 chilometri per arrivare da Belluno a Marina di Ravenna: non esattamente due passi. Ma quella doveva essere una gita al mare di un padre no-vax e della figlia 12enne con vaccino anti-covid19 a sorpresa dopo le tante ritrosie manifestate. E invece si è trasformata in una delle più clamorose indagini contro i falsi Green pass.

Tutto è partito da un esposto alla procura bellunese della madre della giovane nonché ex moglie dell’uomo, lei pervicace sostenitrice del vaccino anti-covid19. Una storia comune a tanti genitori separati: uno è per il vaccino e l’altro proprio no. Immaginate dunque la meraviglia della donna quando aveva saputo che l’ex, da cui si era separata anni prima, aveva all’improvviso vaccinato la piccola dopo tanti no a muso duro. L’esposto ai pm è del 6 ottobre scorso ma il primo atto della vicenda porta la data del 3 settembre. Perché è quel giorno che la donna informa l’ex di volere vaccinare la figlia. Lui è per il no senza se e senza ma.

Poi il 20 settembre l’uomo le invita un whatsapp nel quale la informa di avere vaccinato la piccola giusto il sabato precedente, il 18. E di avere in calendario la seconda dose per il 17 ottobre, una domenica. Eppure lui era uno strenuo oppositore dei vaccini, pensa la donna: per lei qualcosa non quadra e così a 14 giorni dalla prima inoculazione, decide di sottoporre la ragazzina a un prelievo per determinare gli anticorpi. L’esito? Un perentorio zero. Tuttavia all’anagrafe vaccinale risulta che la figlia era in effetti stata registrata in Emilia Romagna con una dose Pfizer.

La madre avvisa la pediatra la quale a sua volta contatta l’ufficio Igiene Pubblica dell’Ausl Romagna: il medico che le risponde, le invia il certificato della minore da consegnare alla madre. Però che qualcosa non fili, a quel punto lo intuisce anche il medico dell’Ausl: sì, perché a Ravenna non gli risulta che i medici somministrino vaccini di sabato pomeriggio, tanto meno a pazienti non residenti. E così l’11 ottobre, questa volta su iniziativa della procura bellunese, per la minore scatta un secondo prelievo. L’esito è lo stesso: nessun anticorpo all’infido virus. Invece dai tabulati emergono contatti tra il padre della piccola e il medico ravennate attraverso una conoscenza comune.

Eccoci arrivati al 17 ottobre: il fascicolo intanto è già approdato sulle scrivanie della magistratura ravennate e i poliziotti sono lì, pronti fuori dallo studio di viale Spalato a Marina di Ravenna di Mauro Passarini. Esattamente alle 17.11 da Belluno arrivano l’uomo, la figlia 12enne e la nuova compagna di lui. Tutti e tre escono alle 17.24: 13 minuti appena, un record che polverizzerebbe tutti i precedenti numeri sciorinati dal generale Figliolo in tema di campagna vaccinale. Peccato però che quella manciata di giri di lancette, sia del tutto incongruente - prosegue l’accusa - con le procedure, sia burocratiche che sanitarie, previste per vaccinare tre persone. E così una volta fuori, i tre vengono identificati. Gli agenti entrano in ambulatorio e trovano una sola siringa che si scopre poi essere stata usata per la ragazzina, l’unica secondo i magistrati inconsapevole della finta somministrazione.

Nello studio ci sono anche tre flaconi aperti, senza etichetta e con del liquido al loro interno. Per il medico, incalzato sul momento, "contengono acqua che io ho utilizzato per pulirli. Anzi, due acqua e il terzo contiene la diluizione del vaccino Pfizer. Questo vaccino l’ho usato oggi per vaccinare le persone venute oggi". Cioè i tre da Belluno. In quanto alla siringa, il 64enne dice di averla usata "per vaccinare la bambina. E l’involucro di carte conteneva il cerotto che le ho applicato". Da ultimo ci sono quei 1.550 euro in tasca: "Sono miei - dice lui - per un fattore di sicurezza personale me li porto dietro in contanti, sono frutto di prelievi". Per l’accusa invece, di mancate iniezioni.

Andrea Colombari