Dolce a casa, spietata in ospedale: i due volti dell'infermiera choc

Lugo, accusata di aver ucciso un paziente. Un'amica: "Era cambiata" VIDEO L'infermiera in tribunale a Ravenna

Ravenna, l'ex infermiera Daniela Poggiali in tribunale (foto Corelli)

Ravenna, l'ex infermiera Daniela Poggiali in tribunale (foto Corelli)

Ravenna, 15 ottobre 2014 - Un amore sviscerato per tutti gli animali, l’affetto incondizionato per il nipotino e le attenzioni verso i vicini di casa che aiutava «con garbo senza mai tirarsi indietro». Poi «una volontà di autocompiacimento e di sopraffazione di chi versa in condizioni di debolezza tanto da somministrare lassativi oltre il necessario ai pazienti per far dispetto alle colleghe invise» e il «trarre piacere dalla mortificazione del prossimo» come ritiene il giudice. 

C’è la donna che si è fatta scattare una foto con in pollici alzati vicino a un’anziana appena deceduta e un’altra con il volto contratto e la bocca aperta, in una macabra imitazione della morte. E c’è la presenza, affettuosa, a fianco dell’anziana madre che andava a trovare tutti i giorni perché bisognosa di cure, e «la personalità forte e vendicativa, che metteva in soggezione le colleghe». Daniela Poggiali, l’infermiera professionale dell’ospedale Umberto I di Lugo, arrestata con l’accusa di avere ucciso una paziente, Rosa Calderoni, con un’iniezione di cloruro di potassio, ha due volti. 

Quello tenero, che raccontano i vicini di casa e che è emerso l’altra mattina, quando in tribunale a Ravenna per l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Rossella Materia, il compagno e l’amica che erano con lei le facevano forza dicendola ‘Tieni duro Cipo’, Cipollina, e quello definito dagli inquirenti «abietto, diabolico». Al saluto dell’amica, a Palazzo di Giustizia, l’infermiera ha risposto sfidando i giornalisti, sorridente, lanciando un bacio: «Non preoccuparti, vedi, mi faccio anche fotografare». 

Amante dei viaggi esotici, sfegatata tifosa juventina, quando l'hanno arrestata stava per partire per l’Oktoberfest. E per dicembre aveva già comprato due biglietti per assistere col compagno al concerto di Elton John. Una conoscente racconta che c’era qualcosa, da un po’ di tempo, che l’aveva cambiata, rendendola molto sofferente. Qualcosa da relegare all’ambito della privacy di una persona. Almeno per il momento, salvo che un domani non possa essere valutato come elemento nell’ambito dell’inchiesta che la vede coinvolta e indagata per omicidio volontario pluriaggravato. 

Accuse che Daniela Poggiali ha respinto con forza. Secondo il capo della procura di Ravenna Alessandro Mancini: «Ci sono stati 38 decessi sospetti e una decina di questi sono molto sospetti». Tutti all’ospedale di Lugo, tutti in quel reparto dove lei, 42enne originaria di Faenza, lavorarava dal 2002. Prima, per cinque anni, aveva svolto il servizio di infermiera al Maria Cecilia Hospital di Cotignola, sempre nel Ravennate. «È stata qui dal 1997 — spiega Bruno Biagi, amministratore delegato —, a me risulta al reparto di Terapia intensiva. Il nostro rapporto è terminato nel 2002 perché si è dimessa volontariamente: aveva partecipato al concorso per lavorare all’ospedale di Lugo e l’aveva vinto. In base alla documentazione di quegli anni non risulta che ci sia mai stato alcun richiamo verbale o scritto».  Diplomata alla scuola infermieri di Imola, negli ultimi 12 anni, fino alle ferie forzate di aprile, ha lavorato nel reparto di Medicina del nosocomio lughese e, precisano dall’Ausl, «non è mai stata spostata di reparto».