Non solo i controlli per impedire la diffusione del covid 19 in carcere. A infastidirlo era stato anche il fatto che, a suo dire, durante una partitella di calcetto tra le mura della casa circondariale cittadina, un agente avesse temporeggiato troppo per rimettere la palla in campo. E giù epiteti: gli stessi che sono costati a un 35enne di origine senegalese il processo, partito ieri mattina davanti al giudice Federica Lipovscek, sia per oltraggio continuato che per minaccia a pubblico ufficiale. La prima contestazione per l’imputato, difeso dall’avvocato Andrea Valentinotti, fa riferimento a quanto accaduto il 23 luglio 2020, cioè durante una delle prime ondate della pandemia. In quel contesto un assistente capo stava eseguendo alcuni controlli sanitari quando – prosegue l’accusa – il senegalese aveva improvvisamente sbottato tra insulti e minacce del tipo: "Vi uccido tutti, ammazzo tutti", in questo modo di fatto impedendo che il controllo fosse portato a termine. L’episodio più singolare risale però al 9 novembre di quello stesso anno. Quel giorno alcuni detenuti erano impegnati in una partitella di calcetto quando la palla era improvvisamente uscita dal campo. A quel punto, senza neanche che l’assistente capo a bordo campo avesse avuto avuto il tempo di recuperare il pallone, il 35enne aveva iniziato a sbraitare lamentando una intenzionale perdita di tempo neanche fosse una finale di champions league. "Assistente - aveva urlato - (...) tutti voi (...) non mi calmo, andate a recuperare il pallone". Processo, causa astensione avvocati, rinviato a ottobre. Il 35enne, ora in affidamento terapeutico e al tempo dei fatti contestati in custodia in carcere, non era nuovo a inottemperanze che da Port’Area l’avevano fiondato ancora davanti alla magistratura. Una refrattarietà alle regole e alle buone maniere insomma che aveva manifestato in più di una occasione e per differenti pretesti, fosse anche solo per un innocuo pallone appunto uscito da un campo di calcetto durante una partitella. Dal punto di vista tecnico, l’oltraggio è un reato descritto dall’articolo 341-bis del codice penale e prevede che chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offenda l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio e a causa o nell’esercizio delle sue funzioni, sia punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Cronaca

Non solo i controlli per impedire la diffusione del covid 19 in carcere. A infastidirlo era stato anche il fatto che, a suo dire, durante una partitella di calcetto tra le mura della casa circondariale cittadina, un agente avesse temporeggiato troppo per rimettere la palla in campo. E giù epiteti: gli stessi che sono costati a un 35enne di origine senegalese il processo, partito ieri mattina davanti al giudice Federica Lipovscek, sia per oltraggio continuato che per minaccia a pubblico ufficiale.
La prima contestazione per l’imputato, difeso dall’avvocato Andrea Valentinotti, fa riferimento a quanto accaduto il 23 luglio 2020, cioè durante una delle prime ondate della pandemia. In quel contesto un assistente capo stava eseguendo alcuni controlli sanitari quando – prosegue l’accusa – il senegalese aveva improvvisamente sbottato tra insulti e minacce del tipo: "Vi uccido tutti, ammazzo tutti", in questo modo di fatto impedendo che il controllo fosse portato a termine. L’episodio più singolare risale però al 9 novembre di quello stesso anno. Quel giorno alcuni detenuti erano impegnati in una partitella di calcetto quando la palla era improvvisamente uscita dal campo. A quel punto, senza neanche che l’assistente capo a bordo campo avesse avuto avuto il tempo di recuperare il pallone, il 35enne aveva iniziato a sbraitare lamentando una intenzionale perdita di tempo neanche fosse una finale di champions league. "Assistente - aveva urlato - (...) tutti voi (...) non mi calmo, andate a recuperare il pallone".
Processo, causa astensione avvocati, rinviato a ottobre. Il 35enne, ora in affidamento terapeutico e al tempo dei fatti contestati in custodia in carcere, non era nuovo a inottemperanze che da Port’Area l’avevano fiondato ancora davanti alla magistratura. Una refrattarietà alle regole e alle buone maniere insomma che aveva manifestato in più di una occasione e per differenti pretesti, fosse anche solo per un innocuo pallone appunto uscito da un campo di calcetto durante una partitella.
Dal punto di vista tecnico, l’oltraggio è un reato descritto dall’articolo 341-bis del codice penale e prevede che chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offenda l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio e a causa o nell’esercizio delle sue funzioni, sia punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Insulti durante il calcetto:   detenuto finisce a processo  Se l’era presa con un agente    

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