Io apro: a Ravenna la rivolta del MacGowan. "Così non si va avanti"

Il titolare aderisce all’iniziativa lanciata su Twitter: "Se si continua così, si estingue una categoria". Crollo del fatturato, ristori insufficienti e tardivi: "Siamo i più penalizzati, ci trattano come fossimo untori"

Stefano Gamberini, titolare del MacGowan Pub di via Renato Serra

Stefano Gamberini, titolare del MacGowan Pub di via Renato Serra

Ravenna, 13 gennaio 2021 - "Ho paura del verbale, ma ho anche paura di non riuscire mai più a riaprire se si va avanti così ancora per qualche mese". Venerdì Stefano Gamberini, titolare del MacGowan Pub di via Renato Serra, alzerà la serranda del suo locale alle 13, come quando Ravenna era in zona gialla.

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Non sarà il solo, in Italia, sull’onda dell’iniziativa #ioapro che, senza essere sostenuta dalle associazioni di categoria, corre sui social (e ieri ha raccolto il sostegno del leader della Lega Matteo Salvini) e raduna diversi esercenti lungo lo Stivale nella protesta contro le chiusure di bar e ristoranti nell’ambito delle misure per contenere il Coronavirus. "Proveremo ad aprire alle 13, se arriveranno clienti con la mascherina a sostenerci attaccheremo qualche birra alla spina", spiega Gamberini. Per ora, il Mac Gowan è un’eccezione in città: "Chiaro che è normale avere paura delle multe".

Gamberini, perché questa iniziativa? "Se continuiamo così, parecchia gente non riapre. Non siamo negazionisti, ma non si può andare avanti in questo modo: in Germania arrivano aiuti sostanziosi, qui siamo chiusi dal 23 e prima lo siamo stati per un mese e mezzo a singhiozzo. Non mi è arrivato nulla, sono in arretrato di mesi di affitto, ci sono spese da sostenere, ma se uno non ha i soldi cosa fa?".

Non è preoccupato di prendere multe? "Certo, ma sono più preoccupato di non riaprire più. Credo ci sarà un pool di avvocati a cui rivolgerci, che faranno dei ricorsi per chi verrà sanzionato. Anche quest’estate ho preso quattro verbali e 5 giorni di chiusura per una mascherina abbassata alle 2,30 di notte. Si vive alla giornata, ma così i risparmi finiscono".

Riaprendo non rischiate di aumentare le possibilità di contagio e di prolungare i tempi del ritorno alla normalità? "La nostra è la categoria più penalizzata in assoluto. Capisco limitare i contagi, ma per mesi ci hanno detto di usare mascherine, dispenser, distanziametno, igiene, cartellonistica: se ci si attiene a questo, uno cosa deve fare? I centri commerciali e i negozi sono aperti, la gente è in giro tutto il giorno. E ristoranti e pub come fossero untori vengono chiusi. Si vogliono dare limiti più stringenti? Ok, ma almeno che un’attività possa restare aperta e un pochino lavorare. Io ho una famiglia con due figli, dove devo andare?".

Quanto le è costato il Covid? "Abbiamo avuto un calo del 60/70% del fatturato. Mi sono arrivate poche migliaia di euro di ristori".

Qual è il suo obiettivo? "Sensibilizzare sulla nostra situazione. Capisco Dpcm, limiti, orari, ma così rischiamo di estinguere una categoria che caratterizza la nostra cultura, il nostro Paese. Io in 22 anni Natale non l’avevo mai festeggiato, lavoravo tantissimo: siamo chiusi da un mese e non ci è ancora arrivata una lira. Penso che ci debbano essere le riaperture e che al limite si facciano più controlli".