"Io violento? Era lei a puntarmi il coltello"

Assolto un 53enne ingegnere dalle accuse della ex moglie sposata in Kenya. La Procura chiedeva otto anni di condanna

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L’aveva conosciuta a Dubai, durante una trasferta di lavoro. Per lei, cameriera d’albergo originaria del Kenya, aveva lasciato la compagna, convolando a nozze in quel paese. Ma il rapporto tra i due si era subito incrinato, non appena la donna aveva raggiunto in Romagna il marito. Prima il timore, rivelatosi infondato, che i figli che portava in grembo fossero il frutto di una precoce relazione adulterina – da lei ammessa – con un ’dj’ di Nairobi. Poi una serie di presunti maltrattamenti e rapporti sessuali estorti sotto la minaccia di metterla alla porta.

Da subito il marito, un 53enne ingegnere, avrebbe cominciato a rendere un inferno la vita alla neo sposa, 30enne all’epoca nei fatti collocati tra 2016 e 2018. Così, almeno, secondo il Pm Antonio Vincenzo Bartolozzi, che chiedeva 8 anni di condanna per i reati di maltrattamenti, rapina, lesioni, violenza sessuale, e l’assoluzione solo per induzione all’aborto. Non così per il tribunale collegiale – presidente Cecilia Calandra, a latere Antonella Guidomei e Andrea Chibelli – che ha assolto l’imputato "perché il fatto non sussiste". A prevalere sono state le tesi difensive dell’avvocato Silvia Brandolini, che ha tratteggiato la vicenda come "uno scontro generazionale e culturale tra due persone".

L’accusa ha restituito uno spaccato domestico in cui alla donna sarebbe stato impedito di lavorare, avere amicizie e imparare l’italiano. I procedimenti in origine erano due, poi riuniti. In una prima fase l’accusa ruotava attorno al tentativo dell’uomo di farla abortire, quando lui sospettava che i figli non fossero suoi, dicendo che non li avrebbe mantenuti. A quel periodo di limbo vanno ricondotte le pretese dell’ingegnere di avere rapporti sessuali, che la donna avrebbe concesso dopo varie insistenze, di fatto rassegnandosi. Qui la difesa ha fatto leva sulla differenza tra insistenza e costrizione. Sempre a quel periodo viene ricondotta la presunta rapina della borsa con i documenti, per impedirle di lasciare l’Italia. Ma il passaporto era nel cassetto e per la difesa quello strappo fu dovuto al fatto che il marito non le avrebbe fatto lasciare la casa senza un divorzio. Poi i test smentirono la tesi dei figli nati dal rapporto extraconiugale e tornò un po’ di sereno. Almeno fino al 2018, quando scattarono le accuse di maltrattamenti che una sera spinsero la donna a fuggire di casa e a presentarsi sanguinante dai carabinieri. In simultanea anche il marito sporse denuncia, mostrando tagli riportati nel corso dell’ultima discussione. Secondo il medico legale Donatella Fedeli, consulente del Pm, se li era auto inflitti, e ciò portò all’ulteriore imputazione di calunnia. Secondo il consulente della difesa, Lorenzo Varetto, erano invece compatibili col tentativo di rintuzzare l’aggressione della moglie, che in più circostanze avrebbe minacciato il marito anche con dei coltelli. E ai messaggi in cui lei gli chiede di tornare a casa, lui risponde: "Ok, ma niente botte". E in un altro le chiede: "Torno vivo o morto?". Quella sera l’uomo stava uscendo di casa perché lei lo minacciava e usando la porta come barriera, ha ammesso, le aveva schiacciato la mano.

Lorenzo Priviato