La Cassazione: Poggiali non è un’assassina "Abbiamo dovuto scalare l’Himalaya"

Definitiva l’assoluzione dell’ex infermiera dell’ospedale di Lugo. L’avvocato Valgimigli: "Per la prima volta l’ho sentita emozionata"

La Cassazione: Poggiali non è un’assassina  "Abbiamo dovuto scalare l’Himalaya"

La Cassazione: Poggiali non è un’assassina "Abbiamo dovuto scalare l’Himalaya"

Dopo cinque ore di camera di consiglio, ieri i giudici della Cassazione hanno definitivamente archiviato il fascicolo che vedeva la 50enne ex infermiera Daniela Poggiali imputata per l’omicidio pluriaggravato di una sua paziente, la 78enne Rosa Calderoni di Russi. "Ricorso inammissibile", hanno scandito verso le 17 gli Ermellini: la stessa procura generale romana aveva chiesto il rigetto del ricorso della procura generale bolognese alla luce del fatto che le motivazioni della sentenza dell’ultima assoluzione, la terza pronunciata in appello, apparivano ‘rafforzate’, come si dice in gergo. Cioè idonee a reggere al vaglio finale al netto di precedente annullamento. E dunque solo le parti civili - erano presenti gli avvocati Giovanni Scudellari per l’Ausl Romagna e Marco Martines il quale con la collega Maria Grazia Russo tutela i figli della defunta – avevano insistito per l’accoglimento del ricorso e per un quarto processo d’appello.

L’imputata non era presente in aula. A darle la notizia al telefono, è stato l’avvocato Lorenzo Valgimigli che la difende assieme al collega Gaetano Insolera: "L’ho sentita per la prima volta emozionata. Ha detto che se lo aspettava, era contenta. Dovevamo scalare un Himalaya: un processo complicatissimo. Siamo servitori di un’idea di giustizia, è ovvio che ora siamo soddisfatti". Dopotutto questo procedimento "ha pesato per anni sulla mia vita e sul mio studio: è un momento liberatorio". Quasi nove per la precisione: cioè da quando l’8 aprile 2014 la paziente 78enne era morta a poche ore dal ricovero all’ospedale di Lugo. Sulla Poggiali esistevano già alcune voci di corsia, ma il quadro per lei si era complicato quando da una consulenza della procura ravennate, era emerso che nei bulbi oculari della defunta c’era molto più potassio di quello fisiologico. L’ex infermiera era finita in carcere e nel marzo 2016 era stata condannata all’ergastolo. Ma nel luglio 2017 in appello a Bologna l’ex infermiera era stata assolta e scarcerata. I giudici nelle motivazioni avevano scritto che in realtà quella di una morte naturale per uno scompenso glicemico. E avevano criticato il metodo usato per il calcolo della concentrazione del potassio nell’umor vitreo della defunta.

Qualche mese dopo la Cassazione aveva annullato. L’appello-bis aveva assolto di nuovo introducendo un elemento inedito: una possibile macchinazione ai danni della Poggiali. La seconda Cassazione aveva bocciato tutto di nuovo. Nel frattempo si era fatto largo un altro fascicolo: per la sorte del 94enne Massimo Montanari morto sempre in ospedale a Lugo il 12 marzo 2014. A metà dicembre 2020 il Gup di Ravenna aveva condannato l’ex infermiera in abbreviato a trent’anni disponendo poi la custodia cautelare in carcere. Ma a fine ottobre 2021 la 50enne era stata assolta con formula piena (e scarcerata) sia per Montanari che, per la terza volta, per Calderoni. La Procura generale bolognese non aveva impugnato la prima sentenza, ma lo aveva fatto per la seconda. Ora conosciamo anche l’ultima, definitiva, decisione della Cassazione.

Andrea Colombari