La Diocesi piange don Giovanni Montanari

Fu direttore dell’Archivio e del Museo arcivescovile. Nel 2016 donò la sua biblioteca alla Classense. Lunedì mattina i funerali

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Don Giovanni Montanari, scomparso all’età di 92 anni, era l’ultimo prete della vecchia guardia, vale a dire di quella schiera di sacerdoti colti (don Mazzotti, don Buzzoni, don Casadio, don Dradi, don Zambotti, don Fuschini…) che hanno dato lustro alla diocesi con il loro operato e con la loro cultura. Nato a Longastrino il 13 aprile del 1929, ordinato sacerdote nel 1955 dall’arcivescovo Egidio Negrin, fu vice rettore del Seminario ed economo spirituale di Fosso Ghiaia. Dopo gli studi classici passò al “Pontificio seminario romano maggiore” presso l’Università lateranense laureandosi e successivamente conseguì la laurea in filosofia all’Università di Bologna.

Molti giovani di allora ricordano ancora i suoi dotti interventi nella vecchia sede di Gioventù Studentesca con i quali li faceva partecipi delle novità culturali e dei nuovi venti che attraversavano la Chiesa del post concilio citando spesso l’opera del gesuita Teilhard de Chardin. Per una decina di anni, dal 1967 al 1978, si trasferì negli Stati Uniti dove insegnò filosofia e teologia al Seminario di Rochester, alla Gannon University in Eire (Pennsylvania), all’università di Toronto e infine alla York University. Ma il suo incarico più prestigioso, dopo la parentesi americana, fu la direzione della Biblioteca e dell’Archivio arcivescovile di Ravenna, l’archivio più antico d’Europa, degno erede del prete archeologo e storico don Mario Mazzotti.

Don Montanari collaborò con Alfredo Stussi della Normale di Pisa alla pubblicazione della “Canzone ravennate”, un testo poetico scritto fra il 1180 e il 1220 e conservato nell’archivio arcivescovile scoperto una prima volta nel 1938 e riscoperto nel 1999. Un testo di particolare importanza perché risulta essere il primo componimento poetico italiano in lingua volgare. Nel 2002 pubblicò per le edizioni del Girasole il corposo saggio “Socrate, Cristo, Dante e la Bibbia” con il quale si proponeva di coniugare la filosofia alla filologia e alla storia. Ha anche scritto la voce “Teodorico” per la Storia illustrata di Ravenna e a Ravenna ha dedicato il saggio “Ravenna patrimonio dell’umanità, globalizzazione e storia culturale” (Longo Editore). Di grande interesse anche i suoi scritti sui mosaici e sui monumenti ravennati. Fra i suoi ultimi lavori va ricordato una guida alla basilica di San Pier Maggiore, più conosciuta come San Francesco. Va infine ricordato che don Giovanni ha donato alla Biblioteca Classense, luogo di sua abituale frequentazione, la ricchissima biblioteca personale. Anche se negli ultimi anni poteva muoversi solamente in sedia a rotelle, spesso partecipava agli incontri di Casa Melandri e di Sala Muratori accompagnato dal fedele Fiammenghi.

I funerali avranno luogo lunedì in Cattedrale alle 11 e una funzione sarà celebrata anche nella chiesa di Longastrino alle 15.45 prima della tumulazione nella tomba di famiglia. "La sua passione – racconta don Alberto Graziani, direttore di Santa Teresa – erano la teologia e la filosofia e in particolare san Tommaso. Negli ultimi anni Negli ultimi anni a Santa Teresa era accogliente e festoso e ha celebrato la Messa con me finché ha potuto". La camera ardente è stata allestita nella cripta di Santa Teresa.

Franco Gabici