La disperazione negli occhi dei profughi ucraini

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Da inizio marzo nella casa di mio suocero ospitiamo gratuitamente alcuni profughi ucraini. Si tratta di due mamme con i loro bambini, tra cui un neonato, e una signora di mezza età. Prima della guerra erano persone come noi, che economicamente stavano bene, che facevano le vacanze all’estero e che avevano lavori che consentivano loro di vivere e di formare una famiglia. Mai avrei pensato che il contatto con loro potesse essere così ’detonante’ per le persone che li incontrano.

Con alcuni amici, è scattata una bella gara di solidarietà per dividersi la spesa e per acquistare ciò di cui hanno bisogno e che non trovano alla Caritas o in parrocchia. La cosa più devastante e che profondamente ci segna, quando li andiamo a trovare, è vedere il loro volto rigato dalle lacrime, sia per l’imbarazzo che provano, sia per la preoccupazione per il futuro.

Hanno la lucida consapevolezza di aver perso quasi tutto e che i loro mariti, che non possono uscire dal Paese, sono esposti ai rischi della guerra. In quei momenti, per fortuna , con la loro semplicità, ci pensano i piccoli a riempirci il cuore, soprattutto quando si rivolgono a noi nella loro lingua natale per invitarci a giocare.

Qualche giorno fa sembrava ci fosse la speranza di una possibile tregua e questo era un primo segnale positivo. Purtroppo, i fatti dimostrano come oggi sia grande l’assenza di uomini di pace e di come gli interlocutori del conflitto, nessuno escluso, non la vogliano nemmeno cercare. Le conseguenze per i civili – vere vittime di tutte le guerre – saranno devastanti. Sarà purtroppo solo il primo passo per un escalation già annunciata, che riguarderà tutti noi.

Voglio sperare veramente che quei bimbi possano presto riabbracciare i loro papà e che la ragione torni a ispirare cuore e mente di chi può fermare questa assurda guerra.

Paolo Giulianini