"La mia quarantena a ritmo blues è un disco"

Antonio Gramentieri, assieme a Nicola Peruch, Roberto Villa e Vince Vallicelli ha realizzato e registrato il concerto ’Lockdown blues’

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La quarantena è stata un periodo di riflessione e creatività per il musicista e chitarrista Antonio Gramentieri, in arte Don Antonio, che ha realizzato un concerto e un disco – ‘The Lockdown Blues’ – insieme ad altri tre coraggiosi amici-artisti: Nicola Peruch alle tastiere, Roberto Villa al basso e Vince Vallicelli alla batteria.

Gramentieri, come ha vissuto questi due lunghi mesi chiuso in casa?

"Dopo una prima fase in cui ho cercato di metabolizzare quanto stava accadendo, sono diventato un esempio di ‘cittadino della disobbedienza’. Non mi è proprio piaciuto, da parte della politica, caricare i cittadini di responsabilità, al punto da trasformarli in ‘guardiani’ delle ordinanze. Non è stata una bella prova dei rapporti tra cittadini e istituzioni".

A livello artistico, invece, cosa è successo?

"Ho visto tanti artisti preoccupati più che altro a mettersi in mostra in video, spesso pessimi a livello audio. Avrei preferito che parlassero della musica piuttosto che della loro musica. Non si può sempre pensare a salvare se stessi. In questo paese, ormai, la visione della musica è quella di una barca che sta affondando".

Cosa si può fare affinché la barca non affondi?

"La crisi che stiamo vivendo può essere il momento giusto per far sì che i musicisti non siano più invisibili, fiscalmente parlando, e per garantire una migliore fruizione della nostra arte. Limitarsi a parlare di un bonus da 600 euro è riduttivo, bisogna ragionare sulle regole di base della musica per portare a galla il sommerso. Occorre ripensare il ruolo della musica della società, prendendo spunto da chi sta facendo le cose meglio, come gli Stati Uniti o il Nord Europa".

La sua è stata dunque una voce fuori dal coro…

"Ho solo cercato di dire quello che pensavo, andando spesso contro il ‘pensiero unico’ di Stato. In un momento in cui c’è poco spazio per il dibattito, l’artista ha una responsabilità sociale. Per questo non ho mai pubblicato la mia immagine o miei brani".

Poi, però, c’è stato spazio anche per l’estro creativo con un originale concerto del Primo maggio con alcuni colleghi musicisti…

"Sì, c’è stata data la possibilità di dire la nostra sul lockdown in un vero concerto ben amplificato e in luogo idoneo, anche se senza pubblico, e ci siamo organizzati in fretta con qualche sms. Un’idea di grande valore che si è poi trasformata in un disco che, chi vuole, potrà acquistare. A livello personale, lo ricorderò come il concerto più importante della mia vita".

Lei doveva essere in tour negli Usa quando è scattata l’emergenza sanitaria. Cosa l’aspetta nel prossimo futuro?

"Ancora è presto per dirlo e le agende, piene di impegni annullati, sono da riprogrammare. Bisognerà capire la percezione della gente sulla sicurezza sociale. Credo che ci potrebbe essere spazio presto per concerti da club o jazz club che prevedono la gente seduta ai tavoli e ben distanziata come in un ristorante. Tutta un’altra cosa, invece, è tornare a organizzare concerti da stadio di Vasco Rossi, per cui ci vorrà molto tempo".