La Procura: "Commemorare Muti non è apologia del fascismo"

Prima pronuncia sulla cerimonia che ricorda il gerarca: i pm chiedono l’archiviazione per trenta indagati. La manifestazione ha "rilievo locale" e non assume "connotati tali da suggestionare le folle"

Migration

Ettore Muti, fascista della prima ora, è morto quasi 80 anni fa. Morto ammazzato nella pineta di Fregene in circostanze mai del tutto chiarite. Il calendario segnava 24 agosto 1943. E se oggi ancora se ne parla con una certa animosità in una Ravenna non più in bianco e nero, è per via della commemorazione che l’Anai (associazione nazionale arditi d’Italia) da anni organizza a fine agosto in zona cimitero monumentale. In diversi dalla variegata galassia di sinistra - tra amministratori locali, politici e attivisti antagonisti – hanno chiesto via via a questura e prefettura di vietarla.

Ora per la prima volta è la magistratura a esprimersi: in quella commemorazione non c’è nessuna violazione della legge Scelba, la norma che nel 1952 introdusse l’apologia di fascismo. Nel suo complesso insomma il ritrovo annuale sotto alle mura del cimitero per osannare le gesta del Muti, secondo la procura non costituisce reato: come dire che da quel meeting di militanti e simpatizzanti di destra non deriva nessun concreto pericolo di ricostituzione del partito fascista. Al massimo sono i comportamenti dei singoli (vedi generosi saluti a braccia tese, roboanti frasi di sentita partecipazione o sgargianti magliette con scritte troppo littorie) a potere alimentare grattacapi penali: questa volta in violazione alla legge Mancino del 1993 la quale sanziona gesti, azioni o slogan che incitino a odio o intolleranza.

L’interpretazione è stata vergata dalle mani di due differenti pm – Daniele Barberini e Silvia Ziniti – i quali, tra la scorsa estate e l’inizio di questa settimana, hanno rispettivamente chiesto l’archiviazione degli esposti presentati per due diverse commemorazioni: 23 agosto 2020 e l’ultima, 21 agosto scorso. In totale gli indagati sono una trentina, non tutti di Ravenna: nella lista c’è chi abita fuori provincia (Forli-Cesena, Rimini, Bologna) e chi addirittura fuori regione (Pesaro, Macerata, Lodi, Como, Parma). Venuti apposta insomma per ricordare le imprese del Muti, nato nella sonnolenta Ravenna di inizio secolo scorso; arruolatosi come giovanissimo legionario a Fiume; per un anno segretario nazionale del partito per poi dimettersi e tornare alla sua principale abilità: la guerra: non a caso è il militare italiano più decorato di sempre. Arriviamo al punto: chi è andato a cantarne le lodi in occasione dell’anniversario della morte, ha commesso reato? Il procuratore Barberini – in quello che è il primo documento che va in senso opposto –, per capire si è affidato alla relazione della Digos. Dal verbale è emerso che due anni fa circa cinquanta persone avevano partecipato alla cerimonia: molte riconducibili alla neonata ‘Rete per un blocco nazionale’ nata dopo una diaspora in Forza Nuova. Breve silenzioso corteo dei convenuti armati di tricolori e medaglieri fin sotto al monumento del Marinaio d’Italia. Poi all’unisono il Padre Nostro e la Preghiera dell’Ardito; a seguire lettura in chiave eroica della biografia di Muti.

Nel finale c’è stato chi per tre volte ha pronunciato la frase: "Camerata Ettore Muti". E per tre volte si è sentito rispondere: "Presente!". A quel punto uno dei partecipanti, espugnata la vetta della nostalgia, ha alzato il braccio destro con la mano tesa. Mentre un altro, non identificato, ha sfoggiato una maglietta nera con questa scritta: "Onore e fedeltà al Duce".

Per venirne a capo, il pm Barbierini ha esaminato il quadro di leggi e sentenze in argomento a partire da una specifica Cassazione che stabilisce che quello previsto dalla legge Scelba è un "reato di pericolo concreto": non censura "le manifestazioni del pensiero e dell’ideologia fascista in sé" alla luce della libertà di espressione garantita dalla Costituzione. Ma interviene solo quando, in relazione a "momento e ambiente", possano davvero determinare il pericolo di una rifondazione fascista. Nel nostro caso – ha proseguito il pm – si è commemorato un gerarca "originario di Ravenna". Come dire che la cerimonia ha avuto "un rilievo locale" senza assumere "connotati tali da suggestionare concretamente le folle" e quindi da costituire "pericolo di ricostituzione del partito fascista". In definitiva la manifestazione ha avuto "natura puramente commemorativa" senza "nessun intento di ricostituzione del regime".

Ragionamenti analoghi sono stati proposti anche nell’ultima recentissima richiesta di archiviazione del pm Ziniti sempre per una trentina di indagati. C’è però da scommetterci: le polemiche sul caso Muti non si esauriranno certo qui.

Andrea Colombari